Descrizione
Portale archiacuto con sguanci figurati e due colonnine tortili per lato addossate, sormontato da una lunetta a mosaico raffigurante l’“Annunciazione” di Domenico e Davide Ghirlandaio e da una cuspide fiancheggiata da pinnacoli. Nel frontone troviamo il rilievo dell’ ”Assunzione di Maria" e "Donazione della Cintola” di Nanni di Banco. Al di sopra della cuspide è collocata la statuetta del “Profeta” di Piero Giovanni Tedesco, a sinistra quella del “Profeta” e a destra quella della “Sibilla”, entrambe attribuite a Donatello. Gli elementi decorativi sono caratterizzati da modanature, motivi vegetali e geometrici, foglie stilizzate, losanghe, formelle, dentelli e rosette.
Notizie storico critiche
La Porta della Mandorla, sul lato settentrionale della cattedrale di Santa Maria del Fiore, è il portale più recente e, nello stesso tempo, il più articolato e unitario relativamente alla decorazione scultorea. Fu iniziato come “pendant”di quello della Porta dei Canonici durante gli anni ‘60 del Trecento, insieme alla costruzione della quarta campata delle navate. Già nel 1368 era stato dibattuto un progetto per questo portale e successivamente, nel 1377, l’Opera del Duomo aveva deciso di rimuoverne le statue e di ricostruirlo senza decorazione figurativa. Un nuovo progetto venne rielaborato nel 1391, quando iniziarono i lavori per la realizzazione della cornice del portale, che proseguirono per tre decenni articolandosi in tre fasi principali: nel 1391-1397 furono costruiti la cornice del portale e gli sguanci, il gruppo di statue per la lunetta e i due tabernacoli, incluse le statue accanto agli archivolti. Nel 1404-1409 fu costruito il fregio a girali nel timpano, gli archivolti e le statue accanto al frontone del portale. Dal 1414 fino alla sua morte, nel 1421, Nanni di Banco lavorò al rilievo del frontone. Donatello fornì nel 1422 le due grandi teste nei pennacchi della cornice del frontone, e nello stesso anno, Bernardo Ciuffagni fu incaricato di eseguire la statua di Santo Stefano da collocarsi in cima alla cuspide, a coronamento dell'intera porta, ma la commissione fu annullata poco dopo e in quel luogo si pose, l’anno successivo, una delle statue dei depositi dell'Opera. L’ultima fase è databile tra il 1489 e il 1490 quando venne aggiunto il mosaico dell’”Annunciazione” nella lunetta del portale al quale lavorarono Domenico Ghirlandaio coadiuvato dal fratello Davide. Il nome del responsabile del progetto complessivo della Porta della Mandorla non ci è stato tramandato. Sono state però ipotizzati due figure: Lorenzo di Filippo, capomastro del cantiere del duomo nel 1391, e di Giovanni D’Ambrogio, capomastro nel 1408. Rimane ignoto il progettista, che comunque definì la struttura del portale a grandi linee e non nei dettagli, dato che pur essendoci una coerenza decorativa, si osservano diversi contrasti nel contenuto tra parte destra e sinistra del portale. Lo sguancio a destra e sinistra è costituito da tre blocchi di marmo per ogni lato, con cinque mezze figure di angeli entro una cornice esagonale; lo spazio tra le cornici esagonali è riempito di fogliame che a sua volta racchiude piccole figure. In base alle misure de blocchi di marmo degli sguanci annotate nei documenti che riguardano la storia delle origini del portale, e in base ai criteri stilistici figurativi, si può dedurre che è da attribuire, tramite documentazioni del 1391, 1392 e 1393, a Giovanni d’Ambrogio il blocco superiore e inferiore dello sguancio di sinistra, a Jacopo di Piero Guidi il blocco centrale, le cui mezze figure di angeli e putti nel fogliame sono però un’opera di Piero di Giovanni Tedesco del 1393, e infine i blocchi superiori e inferiori dello sguancio di destra sono stati realizzati da Niccolò di Pietro Lambretti nel 1391-93. Il blocco destro dell’architrave, le cui figure assomigliano stilisticamente a quelle di Giovanni d’Ambrigio, potrebbe essere stato eseguito dal figlio Lorenzo. Nel 1871 fu compiuto un restauro, con sostituzione di parti di ornato, il cui rifacimento fu affidato allo scalpellino più esperto dell'Opera del tempo: Pietro Cellerini