Descrizione
Bifore su tre colonnine tortili corinzie costituite da archetti acuti polilobati e rosone centrale traforato a stella. Sono inquadrate in una nicchia con mensola con due colonnine tortili laterali (una per lato), cuspide e pinnacoli. Gli elementi decorativi sono costituiti da motivi geometrici, foglie, volute, dentelli e in particolare la cuspide è costituita da un elemento decorativo floreale circondato da motivi geometrici.
Notizie storico critiche
I fianchi della Cattedrale di Santa Maria del Fiore sono attualmente spartiti in maniera non uniforme. Mentre ad ognuna delle campate interne verso la cupola corrisponde un vasto campo di parete esterno, alle rimanenti due campate interne verso la facciata, corrispondono sei piccoli campi esterni che a loro volta sono di ampiezza variabile: il primo a partire dalla facciata è più largo dei successivi, e l’ultimo è solo un mezzo campo. Le diverse ampiezze del campo sembrano quindi rispecchiare articolazioni planimetriche precedenti e diverse fasi costruttive, ed è sull’esame di tali campiture e altra documentazione, che si è parlato di un “progetto arnolfiano” che ha preceduto quello “talentiano”. Le misure delle campate definite comunemente “arnolfiane” sono, partendo dalla facciata: 730, 584, 579, 605, 585 cm e i campi sono separati da pilastri di 116 cm (2br) aggettanti circa 30 cm (ca. ½ br).
Il Kreytenberg sostiene che il rivestimento piatto, con predominanza verde bianco, è privo di quello splendore cromatico della ricchezza ornamentale e del rilievo plastico della decorazione cosmatesca di Arnolfo. Lo studioso Kiesow ha potuto stabilire che, oltre alle quattro strette unità murarie esistenti, altre due, e oltre a queste altre parti della base, erano già eseguite nel 1357. Poiché la Porta del Campanile e quella dei Cornacchini vennero modificate da Francesco Talenti nel 1357 e nel 1360, questi settori delle navate laterali non possono essere state erette e decorate da lui; di conseguenza, il lasso di tempo relativo alla loro esecuzione viene limitato agli anni 1342-1348: nel periodo prima di Francesco Talenti e dopo l’affresco della Madonna della Misericordia dell’Oratorio del Bigallo (1342 ca.) dove è visibile il rivestimento della zona del basamento. Gli inizi del rivestimento del basamento vengono quindi collocati dallo studioso tra il 1331-1342. Poiché tuttavia, il rivestimento del basamento del secondo settore della parete presuppone già l’esistenza del Campanile, egli ipotizza che tale rivestimento sia stato creato proprio in rapporto alla costruzione di questo. Di conseguenza lo attribuisce a Giotto. Se Giotto abbia dato indicazioni per la decorazione delle pareti laterali delle navate al di sopra del basamento resta, per Kiewos, ignoto.
Di differente avviso sono Giuseppe Rocchi e Luca Giorgi, i quali, nel 1988, hanno puntualizzato che è impossibile stabilire a che punto fossero arrivati i lavori di incrostazione marmorea nella fase arnolfiana. Secondo questi studiosi, l’affresco della Madonna della Misericordia del Bigallo, è probabile che sia ispirato ai disegni preparatori anzicchè allo stato reale dei lavori, in quanto ad esempio la chiesa di Santa Croce, che è raffigurata nello stesso dipinto, ha l’attico della navata maggiore a ghimberga mentre questa fu usata solo per i fianchi delle navate minori. Ma l’obiezione maggiore discende dalla costatazione che non si è conservata alcuna traccia di strutture interne di supporto e di connessione con la residua fabbrica, atte a giustificare la non trascurabile elevazione della supposta facciata (di una quindicina di metri) che si sarebbe dovuta sorreggere da sè, contro ogni prassi costruttiva, non bastando certo a irrobustirla i presunti risvolti lungo i fianchi, troppo distanti l’uno dall’altro ed essi stessi sprovvisti di strutture di sostegno. I documenti della Fabbrica confermano che la vecchia S. Reparata conservò le sue volte fino all’elevazione dei pilastri attuali e, come afferma Cesare Guasti, non si ha nessun documento che provi le demolizioni di eventuali parti già costruite della presunta chiesa “arnolfiana”. Secondo il Rocchi, si può attribuire al periodo Talentiano anche questa parte della fabbrica a campate più fitte, in virtù della scoperta di lesene a rustico, costruite sopra gli archi delle prime due campate grandi, che corrispondono alle fitte lesene dei fianchi e che rimasero interrotte nei sottotetti delle navate minori: esse testimonierebbero che il motivo delle fitte lesene persistette e fu proseguito anche dopo che furono eseguiti gli archi giganti del secondo periodo talentiano, e tali lesene corrispondono esattamente per interasse e dimensioni a quelle delle prime due campate dei fianchi, con la sola differenze che queste hanno un rivestimento marmoreo, mentre quelle sono al rustico perché dovevano servire di basamento al sovrastante prolungamento sulle pareti esterne dell’attico della navata maggiore che doveva essere altrettanto rivestito in marmo. Il Rocchi fa inoltre notare che la lesena adiacente alla facciata è più larga delle altre nel senso longitudinale, di circa un braccio, ed è molto meno aggettante della muratura: corrisponde esattamente alla prima delle specchiature a partire dalla facciata, leggermente aggettanti, che inquadrano ciascuna delle finestre originarie. A partire dalla terza campata, dopo che si abbandonò il motivo di fitte lesene e di fitte finestre, le lesene scompaiono anche nei sottotetti e altrettanto le specchiature aggettanti che inquadrano le finestre: queste ultime vennero chiuse due per lato e il loro timpano fu prolungato verso l’alto con un motivo intarsiato a ferro di cavallo per pareggiarlo con i timpani delle nuove finestre. Per lo studioso dunque, il periodo comunemente definito “talentiano” in realtà si può suddividere in due periodi: il primo, di incerto inizio, il quale comunque si sovrappone a quello di altri maestri attivi assieme ad Andrea Pisano, di cui manca una documentazione scritta altrettanto attendibile di quella dopo il 1350, anno in cui il Talenti è nominato per la prima volta nell’atto del 5 gennaio che raccoglie molte precisazioni esecutive sui marmi del rivestimento del Campanile sovrastanti la fascia che viene attribuita a Andrea Pisano; e il secondo periodo, tra il 1355 e il 1357, in cui certamente si lavora alle pareti esterne sotto la direzione del Talenti, in vista della vicina demolizione dell'antica S. Reparata e di un utilizzo temporaneo della nuova chiesa ancora incompiuta. Tra il 1364 e il 1367, dopo il suo allontanamento, si giunse alla definizione del progetto delle ultime due campate verso l’abside, che divennero a campo unico con una sola finestra, obbedendo a un criterio di corrispondenza interno-esterno.