Descrizione
Il disegno, eseguito a inchiostro e acquerello su carta, rappresenta un progetto per la facciata di S. Maria del Fiore. Il foglio si presenta in cattivo stato di conservazione, in quanto danneggiato dall’alluvione del 1966; sono pertanto visibili solo il coronamento superiore e la navata sinistra, mentre mancano la parte inferiore centrale e destra; una fotografia ottocentesca, eseguita da Pietro Semplicini, testimonia lo stato originario del disegno (CERRETELLI C., in AA.VV., 1987, p.133). Il progetto prevede un coronamento tricuspidale; le cuspidi, rialzate, sono caratterizzate da campiture pentagonali a mosaico (Duomo di Orvieto) e affiancate da alti pinnacoli. I pilastri mediani sono spostati in modo da dividere la facciata in tre parti uguali, eliminando la maggior larghezza della navata centrale, che caratterizza l’interno del Duomo. La navata centrale è scandita da due loggette, quella superiore posta al di sotto della cuspide principale, quella inferiore posta all’altezza degli archetti dei ballatoi sottostanti le cuspidi laterali; tra le due loggette è inquadrato l’occhio centrale. Il portale sinistro, archiacuto e strombato, è sormontato da una cuspide che include l’occhio laterale (Chiesa di S. Paolo e Battistero di Pistoia). Le sculture sono inserite nei pinnacoli del portale cuspidato e nelle nicchie ogivali dei pilastri (Campanile).
Notizie storico critiche
Il progetto, contraddistinto dal motto «Chi non fa non falla», è presentato da Giuseppe Felli ed Enrico Bartoli al primo concorso per la facciata di S. Maria del Fiore, nel 1862, e rifiutato all’unanimità dalla commissione. Monti lo definisce sbrigativamente «disegnuccio a piloni poligoni»; Bertini critica la monotonia delle formelle, i pinnacoli e le cuspidi, apprezzando invece porte e pilastri; Selvatico e Semper apprezzano i pinnacoli e la galleria sotto le cuspidi. La maggior parte dei giudici criticano l’uso troppo limitato del ballatoio, la mancanza di rosoni nelle finestre circolari, la monotonia delle formelle, la decorazione dei pilastri, la navata centrale troppo alta; è invece apprezzato l’uso dei mosaici. (CERRETELLI C., in AA.VV., 1987, p.130, n.20).