Descrizione
Recinto di coro, in marmo bianco e marmo di Seravezza, con pianta ottagonale regolare. Il recinto è costituito da otto lati, di cui uno, rivolto a ovest verso l’ingresso, aperto tra due basi, e con due cancelletti lignei per l’ingresso del clero rispettivamente nei lati nord-est e sud-est. Tutto il perimetro è incluso tra una cornice e una zoccolo modanati, mentre ogni lato è tripartito da specchiature rettangolari in marmi misti, comprese tra terne di riquadri rettangolari verticali in aggetto recanti figure intere in bassorilievo. All’interno, verso oriente, si trova l’altare, costituito da una mensa, sostenuta da gambe a vaso biansato. Alle sue spalle c’è un dossale con gradino, scandito da vasi tra coppie di angeli.
Al di sopra delle balaustre stanno, in gruppi di quattro e tre, basi di candeliere neorinascimentali, in gesso (eccetto due moderne in marmo), con piede a sezione poligonale, fusto con nodo ad anello, corpo spanciato, con foglie d'acanto, foglie d'acqua, unghiature e baccellature e gocciolatoio modanato.
Notizie storico critiche
Il recinto del coro ha l’aspetto conferitogli dalle modifiche operate nel 1842 dall’architetto Baccani a quello edificato nel 1547-1572, mentre l’altare fu distanziato dal dossale dopo il Concilio Vaticano II.
Il recinto marmoreo cinquecentesco fu eretto su commissione di Cosimo I a sostituzione di un più antico recinto, con pianta di di medesima forma, parte in legno marmorizzato e parte in marmo bianco, eseguito nel 1519-20 da Baccio d’Agnolo, Nanni Unghero e Domenico Baccelli, che a sua volta ne aveva sostituito uno ligneo, realizzato da Filippo Brunelleschi nel 1439, di poco più piccolo di diametro.
Il recinto Cinquecentesco era stato commissionato nel 1547 a Giuliano di Baccio d’Agnolo, per la parte architettonica e, per le decorazioni scultoree, a Baccio Bandinelli e al suo allievo Giovanni Bandini, che proseguì i lavori dopo la morte del maestro (1560), sotto la direzione di Ammannati, fino al completamento, nel 1572, apportando minime varianti al progetto originale (i bassorilievi con scene dell’Antico Testamento furono sostituite da specchiature in breccia medicea è scandito da terne di pilastri scanalati in marmo bianco, compresi tra colonne di breccia medicea (due negli angoli e quattro nelle punti mediani), entrambi ornati da capitelli ionici a doppia voluta con elementi vegetali. L'imponente colonnato sosteneva un imponente architrave liscio a cornicione, coronato da una balaustra costituita da balaustri a cuneo compresi tra una cornice e balaustri cruciformi a dado. La trabeazione era intervallata al centro dei lati cardinali da grandi arconi a tutto sesto ornati nell’intradosso da cassettoni con rosoni e nell’estradosso da gradinate per gli operai.
Lungo tutta la balaustra si trovava «una grillanda di candellieri per quasi incoronare di lumi il coro». L' architettura aveva un'altra molto ricco. Nella parte esterna del coro c’erano 88 figure in bassorilievo disposte entro specchiature rettangolari. È difficile distinguere le mani di Bandinelli e Bandini in questa serie e le singole figure sono ardue da riconoscere iconograficamente: sono profeti, o personaggi dell’antico testamento, o santi o filosofi. A tergo dell’altare si trovavano l’Adamo ed Eva (una prima versione fu scartata, mutata in Cerere fu portata a Boboli) ai lati dell’albero del frutto proibito col Serpente (oggi al Bargello) e i titanici Dio Padre benedicente (sopra l’altare: in realtà è la seconda versione, il cui precedente fu mutato in dio Giove e portato a Boboli) con il Cristo morto tra angeli (entrambi in Santa Croce). nel 1722 il Granduca Cosimo III volle collocare a tergo il gruppo della Pietà incompiuta di Michelangelo (oggi al Museo). Nei restauri operati dal Baccani nel 1842 il coro subì le alterazioni che lo portarono ad assumere l'aspetto attuale: fu asportato l’intero colonnato, le sculture del Dio Padre e del Cristo deposto e 24 dei bassorilievi. Il colonnato fu rivenduto, eccetto alcune parti di uno degli arconi che oggi sono esposti al Museo insieme ai rilievi rimossi. Infine, furono realizzate le basi di candeliere in gesso, di stile neorinascimentale.
Relazione iconografico religiosa
L’area perimetrata e la mensa rappresentano il cuore della liturgia della Cattedrale.
La forma ottagonale della pianta riprende il perimetro del Battistero e, come quello, allude all’”Ottavo giorno”, ovvero all’eternità, la domenica eterna che è promessa dalla fede cristiana ai giusti.
A questa salvezza e beatitudine infinita si accede, seguendo il programma iconografico, attraverso il sacrificio di Cristo, che si ripete sulla mensa dell’altare nel Sacramento eucaristico (e che era rappresentato nei marmi di Bandinelli dal Dio Padre che benediceva il corpo del Figlio morto sottostante). Le figure in bassorilievo, se si accetta l’ipotesi che raffigurino personaggi veterotestamentari, sarebbero allora coloro che l’avvento dell’era della salvezza, cioè l’incarnazione di Cristo, l’hanno preparata, ma senza poterla vedere (sono infatti rivolti verso l’esterno).
Il programma era un tempo arricchito dalle figure di Adamo ed Eva, corruttori del genere umano e perciò posti di spalle alla mensa d’altare con il Cristo morto. Il loro significato si ritrova nella teologia delle lettere di San Paolo: al vecchio Adamo che ha mangiato il frutto proibito macchiando l’umanità del peccato, si sostituisce il nuovo Adamo, Gesù, che si offriva in sacrificio, come “pane degli angeli” offerto in pasto a tutti per redenzione.
Anche gli affreschi della cupola, realizzati successivamente (1572-1579) entravano in dialogo con la “macchina iconografica” del coro: vi è raffigurato il Giorno del Giudizio, ovvero il giorno della salvezza promessa ai giusti con il ritorno del Cristo. Sul medesimo asse verticale del lato est i fedeli e i sacerdoti celebranti lo vedevano morto sull’altare e risorto e giudice trionfante nel dipinto della vela al di sopra.