Descrizione
Bianco, con applicazioni policrome. La facciata è impostata su tre ordini: nel primo, scandito da lesene rudentate con capitelli corinzi e nicchie, si aprono tre portali, quello centrale con timpano triangolare sormontato da stemma mediceo e statue, e due laterali con timpano curvilineo, sormontati da specchi con rilievi; sopra una cornice a balaustra è il secondo ordine, scandito da lesene nella stessa partizione del primo, con un rilievo centinato raffigurante l'Assunzione di Maria al cielo in corrispondenza del portale centrale, due nicchie entro cornici sopra i portali laterali; una cornice a mensole separa il terzo ordine, coronamento con grande rosone centrale sormontato dallo stemma dell'Opera, affiancato da due nicchie centinate, e terminante nel timpano triangolare al centro del quale è un rilievo con la Colomba dello Spirito Santo.
Notizie storico critiche
Nel 1634 il granduca Ferdinando II riaprì, dopo quasi cinquant'anni dalla demolizione della facciata arnolfiana avvenuta nel 1587, il problema della facciata della cattedrale. Scartata una prima idea di avvalersi del modello presentato da Giovanni Antonio Dosio al concorso del 1587, nel 1635 fu bandito un nuovo concorso, dal quale risultò vincitore il modello in esame, presentato dagli accademici delle Arti del Disegno. Attribuito variamente a diversi artisti: il pittore Baccio Del Bianco, Sigismondo Coccapani (secondo la proposta di Matteoli 1974), la critica preferisce piuttosto considerarlo opera collegiale dell'Accademia, allora presieduta dallo scultore Giovanni Battista Pieratti. La rivalità tra quest'ultimo e Gherardo Silvani, architetto dell'Opera di Santa Maria del Fiore e autore di un progetto alternativo, fecero sì che la costruzione della facciata basata su questo modello, iniziata nel 1636, procedesse con molta lentezza finché il granduca decise di sospendere i lavori nel 1639.
Il manufatto ha subìto gravi danni dall'alluvione del 1966, con la perdita di molte parti decorative, tra cui i rilievi eseguiti in cera; è stato in seguito oggetto di un lungo e complesso restauro, di cui si dà conto nel catalogo "Metodo e scienza" (1982).