Descrizione
Il rilievo di forma rettangolare raffigura la Presentazione di Gesù al tempio. Tra le figure al centro si vedono San Giuseppe e la Madonna in piedi ai lati di un altare su cui si trova eretto ed in posizione frontale il bambino Gesù. Simeone e alcune figure femminili astanti si trovano ai lati della scena. Tutte le figure mostrano un abbigliamento all'antica. La rappresentazione è inserita su uno sfondo architettonico caratterizzato da timpani e guglie.
Notizie storico critiche
Questo rilievo fa parte di un gruppo costituito da sei formelle raffiguranti storie della vita di Cristo e da una formella più grande (scomparsa) rappresentante la Madonna con Bambino (cfr. Agostinoni). I rilievi furono scoperti dal De Nino, che per primo li pubblicava, ed erano murati nel cortile di casa Patini, a Castel di Sangro. Secondo il Carli questa provenienza (la casa si trova nelle immediate vicinanze della Cattedrale) potrebbe avvallare l'ipotesi che i rilievi provengano dalla Cattedrale stessa e propone che essi facessero parte della sua decorazione esterna: sarebbero poi andati dispersi dopo il terremoto che colpì la chiesa nel 1456 e durante i rimaneggiamenti settecenteschi. Il Seymour li vede invece verosimilmente, come probabilmente facenti parte di un pulpito. Il Reymond per primo vi coglieva una ripresa dai modelli preparatori del Ghiberti per la porta nord del Battistero, e li ritenne pertanto di scuola fiorentina. Il Balzano pose un raffronto tra questi rilievi e il paliotto d'argento di Nicola da Guardiagrele eseguito per la Cattedrale di Teramo (1433- 1448) e li assegnò alla sua scuola. Per il De Nicola il rapporto con l'autore del paliotto di Teramo è costituito soltanto dal fatto che in entrambe i casi la fonte di primaria ispirazione è da individuarsi in modelli ghibertiani preparatori alla porta nord e mai messi in opera. Da ciò si deduce che l'autore dei rilievi possa essere stato un aiuto del Ghiberti, presente ai lavori della porta nord, e poi trasferitosi in Abruzzo oppure un artista locale che si sia servito di disegni portati da Firenze da Nicola da Guardiagrele. In un primo momento, il Venturi, concordando sul legame con i rilievi della porta nord li avvicinava al nome di Nicola di Guardiagrele. Il De Nino notava che i caratteri delle iscrizioni dei rilievi somigliavano a quelli di una lapide collocata sotto il portico meridionale della Cattedrale di Castel di Sangro nella quale si nomina un maestro detto Amico di Bartolomeo e proponeva questo nome. Il Fiocca riprendeva questa proposta, e in ultima analisi anche il Carli l'ha accettata, avanzando tuttavia alcuni dubbi dovuti soprattutto all'innegabile legame dei rilievi con l'esperienza ghibertesca di Nicola da Guardiagrele. In una carta dell'Opera del 1984 si precisa che i rilievi furono venduti dal pittore Teofilo Patini intorno al 1904 all'antiquario Godefray Brauer e da questi donati allo stato italiano verso il 1936. Vennero consegnati al Museo verso il 1938-39 e collocati nei depositi. Furono esposti nel mezzanino, nella parete dell'arco della Sala della "Pietà", già della Maddalena, ma non viene precisato quando.
Nel marzo 2014 le sei formelle di Castel di Sangro risultano esposte al primo piano del Museo dell'Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze.
Relazione iconografico religiosa
Quaranta giorni dopo la Natività, la Chiesa celebra la festa della Presentazione al Tempio di Gesù, ovvero, come è chiamata nella tradizione del cristianesimo orientale, la festa dell’Incontro del Signore. È il momento in cui si conclude il tempo natalizio, rivelando e ricapitolando il pieno significato del Natale in una sequenza di gioia pura e profonda. La festa commemora e contempla un evento riportato nell’evangelo di Luca: quaranta giorni dopo la nascita di Gesù a Betlemme, Giuseppe e Maria, secondo la pratica religiosa del tempo, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore, così come prescritto dalla legge mosaica.Secondo il Levitico 12, 2-8, la madre di un figlio maschio doveva presentarlo, quaranta giorni dopo la nascita, davanti al tabernacolo, e offrire in olocausto, come purificazione per sé, un agnello o, per i più poveri, una coppia di colombe o di tortore, che nell’icona della festa sono portate da Giuseppe, rimarcando le modeste condizioni economiche della Sacra Famiglia. La presentazione di un primogenito maschio aveva anche il significato di riscatto, perché apparteneva a Dio (Nm. 18, 14-18).
Nell'iconografia orientale la scena si svolge all'interno del santuario dove Simeone va incontro a Maria, abbraccia il bambino e profetizza su entrambi. Altre due persone partecipano all'incontro, formando una piccola processione: Anna e Giuseppe. La più antica rappresentazione conservata è quella del mosaico sull'arco trionfale di Santa Maria Maggiore a Roma (V secolo). Il numero e la posizione dei personaggi non sono fissi, anche se generalmente Maria avanza da sinistra mentre Simeone le viene incontro da destra. Vi sono principalmente due modelli iconografici: nella prima versione la Vergine tende il bambino al vecchio Simeone, che si prepara a riceverlo con le mani velate; nella seconda versione Simeone ha già il bambino tra le braccia, come lo raffigura Giotto nella Cappella degli Scrovegni di Padova e ad Assisi. A volte, fra i personaggi, si erge un altare come in questo caso. Il bambino sta in piedi o disteso sopra l'altare per significare che con la sua nascita è stato marchiato dal carattere di vittima espiatoria e predestinata al sacrificio. Talvolta la Vergine e Simeone lo sollevano sopra l'altare.