Descrizione
La statua, non terminata nella parte tergale, raffigura un angelo àptero (privo di ali) in piedi, quasi interamente avvolto da un mantello dal quale emergono soltanto le mani con cui egli suona un liuto: con la sinistra modula le note e con la destra pizzica le corde. Il volto, saldo e pieno, è incorniciato da capelli mossi e ricci.
Notizie storico critiche
L'opera fa parte di una serie di quattro Angeli musicanti proveniente dal giardino della villa medicea di Castello, cui si aggiungono un quinto, già nel palazzo della Crocetta (oggi sede del Museo Archeologico Nazionale), e un sesto, trasformato in Re David, attualmente al Bode Museum di Berlino. Le sei statue furono spostate nelle diverse sedi a seguito della demolizione dell'antica facciata di Santa Maria del Fiore, nel 1586. I documenti (Poggi 1909), se non chiariscono quale fosse la loro collocazione originaria all'interno della complessa decorazione, attestano però che la serie era composta inizialmente da nove angeli, i quali furono eseguiti negli anni 1383-1388 da Jacopo di Piero Guidi (autore di quattro statue), Luca di Giovanni da Siena (tre) e Piero di Giovanni Tedesco (due).
Relazione iconografico religiosa
La questione della precisa collocazione di questa opera e degli altri Angeli musicanti all'interno della complessa decorazione della facciata del Duomo non è stata ancora risolta. Qualora si accertasse che gli angeli a cui erano destinate due paia di ali lavorate da Jacopo di Piero Guidi, e pagategli dall'Opera l'11 marzo 1384 («pro suo salario et remuneratione sui laboris manufatture duarum par alarum angelorum positorum supra ianuam principalem dicte ecclesie»: Poggi 1909), siano da riconoscere in due elementi della serie, si potrebbe ritenere con una certa fondatezza che gli Angeli musicanti corredassero l'apparato figurativo del portale centrale. La lunetta di questo – si ricorderà – era stata decorata durante la fase arnolfiana (1296-1310) con un gruppo scultoreo raffigurante la Madonna col Bambino fra santa Reparata e san Zanobi. In tal caso gli angeli musici avrebbero fatto da corona a tale immagine di "Maestà", esaltandola con il richiamo della musica celeste; e, non ultimo, alludendo anche alla fama goduta in tutta Europa dal duomo fiorentino, celebrato fra Tre e Quattrocento per l'eccellenza raggiunta dai suoi musici e cantori.
E' probabile, infine, che una raffigurazione così puntuale degli strumenti degli Angeli musicanti intendesse dar forma ad alcuni versi del salmo 150, un inno giubilante in cui si invita a lodare Dio «in sono tubae», «in psalteryo et cythara», «in chordis et organo», «in cymbalis». Si tratta dello stesso salmo che, qualche decennio più tardi, Luca della Robbia espliciterà figurativamente nella sua Cantoria, e non è da escludere che egli – in una certa misura – abbia tenuto in mente la serie trecentesca intorno al portale maggiore.