Descrizione
Il dipinto in esame è condotto a tempera su tela, secondo una tecnica inconsueta per i primi anni del XV secolo (a tale datazione conduce l'analisi stilistica), periodo in cui si dipingeva solitamente su tavola.
L'episodio raffigurato illustra la morte di san Giovanni Battista, reo – secondo i racconti evangelici (Matteo, 14, 3-12; Marco, 6, 17-29) – d'aver denunciato le nefandezze del re Erode Antipa, che venne indotto a condannarlo a morte dalla cognata Erodiade e da sua figlia Salomè.
Il corpo del precursore – vestito di rozze pelli di cammello – è posto carponi su un manto erboso e si sta come afflosciando, privo di vita, dopo che il carnefice gli ha spiccato la testa: questa, caduta a terra, è mostrata di profilo ed è esaltata da un'aureola dorata, mentre la parte superiore del busto è vista in lieve scorcio, così da far intravedere la sezione del collo troncato e il copioso fiotto di sangue che ne sgorga. Il carnefice, in una veste di color arancione pallido, si staglia in piedi contro un fondo scuro e sta riponendo con calma la spada nel fodero, quasi indifferente al dramma appena consumato.
Notizie storico critiche
L'opera proviene, secondo il Poggi (1904), dalla Guardaroba dell'Opera di Santa Maria del Fiore. Per la sua particolare natura e tecnica esecutiva, la pittura non si è conservata in modo ottimale ed ha subito nel tempo numerosi interventi (rattoppi della tela, totale ridipintura del fondo), i quali hanno reso difficoltose le analisi stilistiche. Sino agli anni Ottanta si propendeva per una datazione al Trecento, riscontrando tangenze con il Maestro di Figline (Brunetti 1969) e con l'Orcagna giovane (Bellosi 1984, che lo dichiarava «assai più antico di quanto si crede di solito»); nella scheda ministeriale OA del 1980, il Todini ipotizzava una vicinanza al Maestro della Madonna Strauss (pertanto già ai primi del XV secolo), sinché il Ladis (1986, riprendendo un'anticipazione formulata in un convegno del 1984) e il Bonsanti (1985) spostarono l'attenzione sulla fase tarda di Antonio Veneziano – e dunque al primo quarto del Quattrocento – mediante convincenti confronti stilistici con opere certe di questo artista.
Relazione iconografico religiosa
Le considerazioni tecniche del manufatto (tempera su tela) spingono a ritenere che si tratti del frammento di un gonfalone o stendardo. La presenza di san Giovanni Battista, protettore della città di Firenze e titolare del Battistero, induce a supporre che esso venisse usato dal corteo episcopale in determinate celebrazioni religiose, quali ad esempio le processioni.