Descrizione
La Madonna è in marmo bianco ad altorilievo e giace distesa con il busto un poco eretto appoggiando il gomito ad un cuscino. Ha il volto velato da una lieve malinconia,improntata ad un classicismo che la apparenta strettamente alla statua di Bonifacio VIII. Assai puntuale, a tal proposito, è l'analisi stilistica fatta da Luisa Becherucci: "iniziando con la statua papale [il Bonifacio VIII, pp. 26-27] e con la Natività, primo capitolo del suo ciclo mariano,la decorazione della facciata fiorentina, [Arnolfo] non s'era ancora svolto da quel classicismo sottilmente intellettualistico che caratterizzava le sue più tarde opere romane".
Notizie storico critiche
La Madonna giacente venne pubblicata per la prima volta dallo Swarzenski (1904, pp. 99), il quale l'aveva vista a Firenze presso l'antiquario Stefano Bardini,insieme ad altre sculture, tra cui la Madonna morta, poi acquistata dal Kaiser Friedrich Museum di Berlino. Lo studioso le ritenne parti entrambe di un grande momumento funebre, eseguito in quell' "atelier" da lui ritenuto operante a Firenze e facente capo a Nicola Pisano e con influssi dell'arte di Arnolfo di Cambio. Il carattere arnolfiano e la stessa provenienza fiorentina vennero posti in dubbio dal Frey che vide nel gruppo unificato dallo Swarzenski solo i caratteri di Nicola Pisano. Nel frattempo la Madonna morta ed un frammento con due teste di Apostoli vennero acquistati a Parigi da Wihlem von Bode per il Kaiser Friedrich Museum di Berlino, e il Rathe ipotizzò che questa e l'altra figura pubblicata dello Swarzenski fossero nient'altro che i resti delle due figurazioni della Natività e della Dormitio Virginis descritte nella carta rondinelliana del 1587 come facenti parte dei due portali laterali dell'antica facciata di Santa Maria del Fiore. La Schottmuller confermava in modo esaustivo la stessa identificazione del Rathe fondandosi anche sulle fonti figurate,nonostante le sue imprecisioni (la "Dormitio" è interpretata ad esempio come una Deposizione di Cristo) e nonostante il fatto che affermasse il concetto di una facciata rinnovata dal Talenti dal 1357 in poi: ritenne infatti che fossero stati mantenuti gli antichi portali che Arnolfo, nei pochi anni del suo lavoro fiorentino, poteva presumibilmente aver progettato, valendosi, per l'esecuzione delle sculture, anche della collaborazione dell' "atelier" di cui lo Swarzenski aveva indicato l'alto livello operativo. Il problema dell'attribuzione e della datazione della Madonna della Natività si inserisce, in analogia con le altre sculture arnolfiane della facciata, nella duplice questione della collaborazione di aiuti e dell'evoluzione stilistica del maestro. Il Poggi lo riferisce molto genericamente al gruppo "stilisticamente compatto" di Arnolfo e dei suoi aiuti a Firenze, mentre il Keller, pur rilevando l'alta qualità e le molteplici componenti stilistiche delle sculture fiorentine, le adduce o come appartenenti al maestro o alle qualificatissime maestranze di cui egli disponeva a Firenze, frutto della sua grande innovazione artistica di questo momento. La Madonna della Natività, della quale egli rileva le affinità con il Bonifacio VIII, gli appare troppo schematica per essere sua e inferiore alla Dormitio e alla Santa di cui egli rifiuta l'identificazione con S.Reparata,le sole parti dovute interamente alla sua mano.Il Salmi,invece, riconosce la pienezza individuale dell'arte di Arnolfo, cui si deve una precisa ricostruzione della lunetta della Natività fatta sulla base delle fonti antiche e sulla base dei dati desumibili da una figurazione dei primi decenni del '400 su un cassone ora al Bargello e da un rilievo di Michele da Firenze in Sant'Anastasia a Verona che ne ripete l'iconografia, dove la Madonna ha una netta prevalenza. Dietro di essa,stesa su un letto riccamente ornato, doveva trovarsi un riquadro mosaicato con la figura del Bambino e le teste del bue e dell'asino, e la scena si completava, nelle nicchie adiacenti, con le figure di pastori e di animali.La paternità e l'alta qualità della Madonna della Natività sono affermate anche dal Toesca (1951, p. 217) e infine confermate dal Catalogo di Parigi nel quale si indica quest'opera come "il punto più alto del percorso stilistico d'Arnolfo". La Romanini (1969, pp. 109-116) insiste sulle differenze ,già peraltro notate dallo Swarzenski,tra le sculture del gruppo fiorentino, differenze "più ancora che non stilistiche, psicologiche", escludendo che esse debbano considerarsi frutto della collaborazione tra personalità diverse,ma piuttosto frutto di un'intensa dialettica di questa fase artistica di Arnolfo. Egli ipotizza un intervento esecutivo di altri solamente nel panneggio sulle gambe della Madonna, peraltro ideato dall' "alta fantasia" del maestro. Le corrispondenze stilistiche che sono state rilevate dallo Swarzenski (1904, p. 101) e dal Keller con la statua di Bonifacio VIII e quelle eseguite dalla Romanini (cit., p. 114) con le più tarde sculture romane, rispondono ad un preciso momento dell'evoluzione di Arnolfo a Firenze e coprono un periodo di circa dieci anni. Gli anni che vanno dal 1296 al 1300 vedono l'artista impegnato con la decorazione della facciata fiorentina, permeato da quel classicismo sottilmente intellettualistico che caratterizza le sue più tarde opere romane a Santa Cecilia e a San Pietro, fino a giungere alla grande concentrazione espressiva che conseguirà - in una fase più matura del suo lavoro - nella Madonna della "Dormitio", nella Santa Reparata e nella Madonna col Bambino.
Relazione iconografico religiosa
E' intorno alla metà del V secolo che si ha piena fede, in ambito soprattutto siriaco, riguardo l'assunzione corporea della Madonna; la celebrazione di tale evento,che coinvolgeva la Morte e l'Assunzione, veniva ricordata come "Memoria della Beata". In un primo tempo la devozione per tale culto era molto sentita in tutto il mondo bizantino e numerosi edifici sacri vennero destinati al ciclo della Morte;secondo il culto popolare due erano le varianti possibili riguardo il luogo del trapasso: una era Efeso, dove la Vergine sarebbe arrivata accompagnata da san Giovanni, l’altra Gerusalemme. La tradizione orientale che voleva consueta l’immagine della Madonna distesa, nota soprattutto con il termine Koimesis (letteralmente “il sonno della morte”), poi tradotto dalla chiesa latina in Dormitio, (il termine Dormitio peraltro è tutt’altro che radicato nel mondo latino occidentale: si preferisce usare il vocabolo Transitus che designa il passaggio alla vita eterna) impose quindi, almeno inizialmente, tale schema propagatosi attraverso mosaici ed avori, al mondo occidentale. Le prime varianti presentano la Madonna coricata a letto e morente (mentre nello schema bizantino era giàspirata) con un cero in mano. Spesso il letto è di trequarti e la Vergine viene ritratta quasi frontalmente. Altre varianti la vogliono inginocchiata(secondo la tradizione tedesca quattrocentesca,infatti, la Madonna sarebbe morta in ginocchio pregando)oppure seduta. Un’ulteriore interpretazione, sempre legata al mondo germanico, vedeva la Madonna stesa sul baldacchino ma sostenuta da cuscini che la sorreggevano e circondata dagli Apostoli :il tema viene qui trattato con un tono intimo, quasi familiare. La Morte della Vergine o Dormitio può quindi idealmente essere scandita in cinque episodi ben distinti che si possono riassumere partendo dall’Annunciazione della morte dove la Madonna, ormai anziana, riceve la visita di un angelo (nella tradizione doveva essere l’arcangelo Michele ma l’iconografia non sempre rispetta questa convenzione) che le consegna la Palma del Paradiso che, nel corteo funebre, avrebbe dovuto precedere la sua bara. La Vergine chiede quindi di poter rivedere i suoi parenti e gli Apostoli prima di morire. Segue la Comunione offerta da San Giovanni Evangelista o da Cristo stesso, momento che precede la vera e propria scena della Morte. La leggenda vuole che la Vergine non fosse propriamente morta ma addormentata nei tre giorni precedenti la sua Resurrezione (da qui deriva chiaramente la definizione di Dormitio). Gli Apostoli, trasportati dagli angeli sul luogo del lutto, il monte Sion oresso Gerusalemme vegliano il giaciglio funebre, mentre sullo sfondo la figura del Salvatore, presente solamente in opere precedenti il XV secolo, regge un bimbo o una piccola effigie rappresentanti l’anima della Madonna (animula). Il quarto momento, il Trasporto del corpo alla tomba, testimonia come il culto della verginità fosse collegato alle esigenze di allontanare la figura della Madonna dalla tradizione ebraica: un sacerdote ebraico di nome Jefania si lancia infatti sul feretro per rovesciarlo ma gli Apostoli riescono a bloccarlo. Il Duecento e il Trecento,in particolare,segnarono un momento cruciale nel processo di rinnovamento dell’iconografia mariana: l’attenzione verso la mariologia, promossa dagli Ordini Mendicanti, nati proprio nei primi anni del Duecento, spianò la strada per le rappresentazioni trionfali dell’Assunzione e dell’Incoronazione, senza tuttavia dimenticare la Dormizione. Quindi già dal XII secolo in Francia (il timpano della cattedrale di Angers oppure il rilievo dell’abside della cattedrale di Notre – Dame a Parigi) e in Italia (la vetrata di Duccio di Boninsegna nel Duomo di Siena del 1287–1288 oppure la Madonna giacente di Arnolfo di Cambio) la Morte e l’Assunzione della Signora dei cieli vennero rappresentate più frequentemente come parte di un ciclo decorativo. Da un punto di vista figurativo esiste quindi una rappresentazione che permette la comprensione di un passaggio essenziale: la Madonna giacente mostra come l'autorità passi dalla madre al figlio che accoglie l'animula della Madonna e dalla vita mortale la fa rinascere alla vita immortale