Descrizione
Al centro della lunetta, in una nicchia di marmi policromi, su di un trono che poggia sopra un basamento ornato con alcuni stemmi e sopra un vaso rovesciato, dal quale escono delle monete, siede una figura femminile velata, sopra la cui testa arde una fiamma: ovvero la personificazione della Carità, come dichiara il cartiglio che regge con entrambe le mani. Davanti a lei, divisi in due gruppi a destra e sinistra, stanno in piedi sette personaggi vestiti in abiti medioevali, alcuni secolari ed altri religiosi. Sul gradino, in basso, sono adagiati alcuni libri.
Notizie storico critiche
Il dipinto, un vero e proprio "cartone" propedeutico alla trasposizione in mosaico sulla lunetta del portale sinistro della facciata del duomo, venne eseguito dal pittore genovese Niccolò Barabino, su richiesta dell'architetto Emilio De Fabris, negli anni 1882-1883. L'opera rielabora in parte la composizione ideata 1879 da Amos Cassioli in un dipinto provvisorio, realizzato in occasione dello scoprimento del lato sinistro della facciata, nel 1879 (Cerretelli 1879). La lunetta del Barabino fu inviata quindi nel 1885 a Venezia affinché la locale Società Musiva potesse trarne il mosaico che fu terminato nel 1886. Sebbene i giudizi riuscissero prevalentemente favorevoli, Diego Martelli, in un articolo apparso nel novembre 1888 sul "Fieramosca", rimproverò l'«errore di gusto» del Barabino, parendogli che l'artista si fosse ispirato non al medioevo bensì «a un lusso di piegamenti ed una vaghezza di Toni che sta fra il Della Porta e il Tiepolo», riconoscendo all'artista genovese una sensibilità eclettica e non già una premura storicistica. Del resto, pochi anni dopo un biografo dell'artista (De Fonseca 1892) scriveva che «se le lunette non sono in perfetta consonanza collo stile architettonico della facciata è perché l'artista amò meglio fare secondo il suo genio anziché imitare l'antico». Le immagini sacre del Barabino, infatti, divergono molto dal gusto purista di cui aveva dato prova il Cassioli e si avvicinano piuttosto – per l'atmosfera rapita e sognante, sebbene saldamente ancorata all'oggettività della rappresentazione del "dato reale" – a quella pittura religiosa moderna, intrisa di denso misticismo, propugnata da Domenico Morelli (Campana 2005).
Passato nelle mani dell'Opera di Santa Maria del Fiore, nel 1891 il dipinto risultava esposto nel Museo; è stato alluvionato nel novembre del 1966 ed attualmente si trova nei depositi (Cerretelli 1987).
Relazione iconografico religiosa
Il vasto programma iconografico ideato dal filosofo e letterato Augusto Conti, oltre a richiamare le figure veterotestamentarie che avevano preannunziato l'avvento di Cristo grazie all'Incarnazione nel seno della Vergine, e l'affermarsi della Chiesa, mirava ad esprirere «la grandezza del Cristianesimo in se stesso, e le sue armonie con la Civiltà, segnatamente per le ispirazioni gentili, che derivano dal Culto cristiano alla Madre del Redentore»: ovvero «l'Opere di beneficenza, l'Arti utili, le Scienze, l'Arti Belle, gli affetti di Famiglia, di patria, di Carità universale».
Relativamente alle tre lunette sopra le porte d'ingresso della facciata, dunque, esse dovevano esprimere rispettivamente Maria come promotrice della Carità, ossia "Consolatrix afflictorum" (a sinistra, accerchiata dai fondatori delle Opere pie fiorentine); Maria quale mediatrice presso Cristo, ovvero "Mater divinae gratiae" (al centro, assieme agli altri patroni di Firenze che intercedono per la città); Maria come sostegno della Fede, cioè "Ausilium christianorum" (a destra, attorniata dai rappresentanti delle antiche corporazioni fiorentine).
Il soggetto di questo cartone del Barabino, relativo al portale sinistro, è chiarito dalle parole dello stesso Conti: «Rappresenta gl'Istitutori principali dell'Opere pie in Firenze. Questi le fondarono nel Nome di Dio e di Gesù Cristo, sotto il patrocinio della Vergine, Consolatrix afflictorum. La Carità siede in trono, sulla cui base spiccano alcuni stemmi di Opere Pie, fondate da quei pietosi: come dell'Ospedale di Santa Maria Nuova e degl'Innocenti. Alla destra della Carità sono: Folco Portinari, col lucco, fondatore di Santa Maria Nuova; Filippo Franci, prete, della Casa di rifugio, detta la Quarconia; Fra Pietro da Verona domenicano, del Bigallo. Alla sinistra è il marchese Bonifazio Lupi da Parma, con abiti di Podestà, fondatore dell'Ospedale, che prese il suo nome; Simone di Pietro Vespucci, in lucco rosso, dal quale s'istituiva lo Spedale di San Giovanni di Dio; Piero di Luca Borsi, popolano, istitutore dell'Arciconfraternita della Misericordia; Fra Bernardino da Feltre francescano, del Monte di Pietà».
Il dipinto di Amos Cassioli raffigura così otto fondatori di istituti di carità fiorentini, per la cui identificazione ci vengono in aiuto le parole dello stesso Conti, benché riferite alla lunetta poi eseguita sul cartone di Niccolò Barabino, dove ne compaiono sette. Riconoscibili con una certa sicurezza, qui, sono soltanto i primi due personaggi da sinistra (fra' Bernardino da Feltre, del Monte di Pietà, e Folco Portinari, fondatore dello Spedale di Santa Maria Nuova) e il secondo da destra (fra' Pietro da Verona, domenicano, istitutore del Bigallo).