Descrizione
La satua, acefala, raffigura un personaggio in piedi, con il corpo lievemente arcuato all'indietro e vestito in abiti ecclesiastici: i due lembi del manto, decorati agli orli da un motivo ornamentale e fermato sul petto da un fermaglio rotondo, sono tenuti insieme dalla mano sinistra e ricadono con piege eleganti verso il basso; le mani sono coperte da guanti o chiroteche.
Notizie storico critiche
L'opera proviene dalla facciata arnolfiana e più esattamente dal secondo tabernacolo a destra del portale centrale; ricoverata in Palazzo Medici Riccardi, dopo la demolizione della facciata nel 1587, la statua pervenne infine al Museo dell'Opera del Duomo nel 1936.
Negli anni 1390-1396 l'Opera commissionò quattro grandi statue destinate alle nicchie della fascia mediana, a sinistra e a destra del portale maggiore; vi dovevano comparire i santi Stefano, Lorenzo, Vittore e Barnaba, affiancati ciascuno da una coppia di angeli adoranti (Poggi 1909). Il ciclo fu eseguito quasi interamente da Piero di Giovanni Tedesco, eccetto la statua di san Barnaba che fu licenziata da Giovanni d'Ambrogio nel 1395-1396.
Si deve a Kauffmann (1926) la prima e fondamentale analisi del ciclo, con il riconoscimento dei santi raffigurati e degli scultori loro autori: l'opera in esame, dunque, fu riconosciuta essere il San Vittore di Piero di Giovanni Tedesco. Tale proposta, accettata da Wundram (1968), è stata ridiscussa da Brunetti (1932; 1969), che ha suggerito di spostare l'attribuzione a Giovanni d'Ambrogio e, conseguentemente, di identificare il personaggio effigiato nel suo San Barnaba. Tuttavia le considerazioni iconografiche evidenziano che il santo effigiato non è un apostolo bensì un ecclesiastico, e addirittura – se è corretta, come sembra, l'ipotesi di collegare a questa statua acefala una testa barbuta presso il Museo del Bargello a Firenze, in origine cinta da una tiara papale – un ponteficie, come fu appunto Vittore (Kreytenberg 2005 e 2009). Anche l'analisi stilistica, del resto, spinge a credere che quest'opera spetti allo scultore nativo del Brabante, per via delle analogie formali con gli angioletti adoranti provenienti dallo stesso ciclo.
Relazione iconografico religiosa
Considerando le sculture che decoravano l'antica facciata di Santa Maria del Fiore, può stupire la presenza – accanto ai più noti e venerati in tutta la Cristianità Stefano e Lorenzo, diaconi e martiri – di due santi meno conosciuti quali Vittore, papa e martire, e Barnaba apostolo, compagno di evangelizzazione di san Paolo (viene ricordato molte volte nelle sue epistole e negli Atti degli Apostoli). Ma la loro presenza, invece, era ben compresa dai fiorentini del tempo ed aveva una valenza fortemente civica: infatti nei giorni dedicati a quei santi (rispettivamente 28 luglio e 11 giugno) i fiorentini avevano riportato delle importanti vittorie militari contro i Pisani a Cascina, nel 1364, e contro gli Aretini a Campaldino, nel 1289.
La consuetudine di solennizzare il culto verso un santo, nel cui giorno era accaduto un avvenimento fausto per la collettività, è del resto ribadita dalla simile venerazione che i fiorentini avevano per sant'Anna, attestata ad esempio dall'altare a lei dedicato nella "civica" chiesa di Orsanmichele: il 26 luglio 1343, festa della madre di Maria, era stato infatti cacciato Gualtieri VI di Brienne (il cosiddetto "duca d'Atene", che aveva instaurato un regime dispotico sulla città) e Firenze aveva riacquistato la libertà.