Descrizione
La statua lavorata a tuttotondo, poggia su una piccola base sagomata. Anche questa statua ha una visone frontale, il corpo è leggermente arcuato verso destra ed ha una forma tozza. La figura presente una veste lunga che lo ricopre scoprendo appena le dita dei piedi. La veste è sovratata da un ampio manto il cui bordo ha una decorazione geometrica. Il manto fascia il fianco destro della scultura con poche pieghe che si congiungono sul fianco opposto sotto il braccio piegato. Questo trattiene parte del manto discendente dalla spalla e lo fa ricadare in pesanti pieghe. La mano sinistra, in parte rifatta, regge un libro chiuso, il braccio destro, invece è piegato e mutilo della mano. La testa da un'attenta lettura, risulta piccola rispetto al corpo, il volto di san Matteo si caratterizza per lineamenti incisi, occhi sottili e sopracciglia aggrottate, i capelli sono consunti, i baffi si congiungono alla barba biforcuta lavorata dilegentemente a scalpello
Notizie storico critiche
La statuetta del santo è stata identificata dalla critica come una delle sedici, ora conservate al Museo dell'Opera del Duomo, provenienti dal portale maggiore della Cattedrale, nel quale erano collocate, come vediamo dal disegno del Poccetti, nelle nicchie degli strombi laterali. Le statue del portale sono citate dal Vasari come opera di Andrea Pisano. La critica succesiva, però, non è concorde nell'attribuzione. Dall'analisi attenta fatta dalla Brunetti e dal Kreytenberg, sulla base delle ricerche documentarie pubblicate dal Poggi, sappiamo che in queste nicchie nell'arco di pochi anni si susseguirono due serie di statue. La prima serie, comprendente sedici figure, ossia i dodici apostoli e quattro santi fu commisionata a Francesco di Neri Sellaio tra il 162 e il 1367 e tra il 1376 e il 1377, in un primo tempo come aggiunta alle statue di ambito arnolfiano che decoravano il portale dai primi del Trecento, poi in sotituzione completa delle medesime. Alla serie del Sellaio colloborò pe una scultura anche Simone Talenti. Circa dieci anni dopo, le statue furono sostituite da una serie analoga commissionata dall'Opera del Duomo a Piero di Giovanni Tedesco, che la completò tra il 1387 e il 1390. Il Poggi nel publicare i documenti e le statue giunte all'Opera del Duomo e dalla Villa della Petraia le identificava come quelle facenti parte della decorazione del portale, non si pose il problema attributivo del gruppo. Le undici statue del Bargello, dalla critica ottocentesca erano generalmente riferite all'ambito di Andrea Pisano. L'attribuzione di questo ciclo di statue a Piero di Giovanni Tedesco risale al Kauffmann, che vi vede una sostanziale omogenità di mano. Kauffmann riconobbe il ciclo relaizzato da Francesco Sellaio nella serie delle statue dei pinnacoli delle finestre del coro. Il Wundram, invece, ritiene che il ciclo oggi nei depositi del Museo dell'Opera sia da considerare opera di Francesco di Neri Sellaio, riscontrandovi omegeneità di mano, ma anche una progressiva maturazione, dovuta al lungo arco di anni nel quale l'artista lavorò. Secondo lo studioso anche la differenza delle cifre pagate a Piero di Giovanni Tedesco e il confronto con i compensi per le altre scuture della facciata rafforza questa ipotesi. La Brunetti le riferisce tutte alla mano di Piero di Giovanni Tedesco. Toesca, riscontra la mano di Piero di Giovanni Tedesco solo in alcune. Kreytenberg, sulla base sopratutto di confronti stilistici, ritiene di poter attribuire con certezza l'intero gruppo all'artista tedesco con l'eccezione di una statuetta ( Bargello sculutre 125 ) identificata con San Bartolomeo ed entrata a far parte del gruppo per ragioni ignote. Un esame più attento delle sculture dei pinnacoli delle finestre del coro conferma, in parte, l'attribuzione di esse al Sellaio e al Talenti. I motivi per i quali le sculture furono sostitutie in un breve lasso di tempo sono da ricercare in ragioni di moda. Dal punto di vista iconografico i santi non sono chiaramente e con sicurezza identificabili: il Kreytenberg e la Brunetti hanno avanzato alcune ipotesi basandosi sulla capigliatura, la barba e l'atteggiamento. La figura in esame secondo il Kreytenberg è di incerta identificazione e potrebbe trattarsi di Mattia Apostolo.
La statua in questione di proprietà dello stato fu concessa in comodato d'uso al Museo dell'Opera di Santa Maria del Fiore con atto ((del 27 luglio 1938).
Relazione iconografico religiosa
San Mattia negli scritti apocrifi fu spesso confuso con Matteo. Secondo gli Atti degli apostoli Mattia fu uno dei settanta discepoli di Gesù dal battesimo ad opera di Giovanni Battista, fino all'Ascensione. Il nome dal greco significa Dono di Dio. Le sue reliquie si trovano a Padova nella basilica di Santa Giustina . Secondo il Nuovo Testamento sappaimo che dopo l'Ascensione l'apostolo Pietro propose all'assemblea dei fratelli, il cui numero era di centoventi, di scegliere uno tra loro per prendere il posto del traditore Giuida Iscariota, fu scelto Mattia che pertanto fu associato agli undici apostoli. Tutte le ulteriori informazioni riguardo la sua vita, sono vaghe e contradditorie. La Chiesa lo festeggia il 14 maggio.
Come attributo la statua in questione ha un libro.