Descrizione
La grande scultura in marmo, in scala maggiore del naturale, raffigura un angelo avvolto in un ricco panneggio con grandi ali piumate in una posizione incurvata dovuta all'anchement della gamba destra.
E' rivolto verso destra e regge con le due braccia sollevate la base di un candelabro terminante a voluta, il volto è incorniciato da folti capelli ondulati divisi in due bande da una scriminatura al centro della fronte.
Notizie storico critiche
L’angelo reggicandelabro faceva parte del grande altare per il Battistero di Firenze eseguito da Girolamo Ticciati che nel 1731 ebbe l’incarico di ricavare nella tribuna una piccola sagrestia. Per far ciò l’artista rimosse l’altare antico, per fortuna prima di “tale scempio” (Poggi 1910) ne furono prese le misure e schizzati dei veloci disegni dal preposto dott. Gori; nel 1732 il nuovo altare era completato. La critica contemporanea lo applaudì, (Richa 1757) ma già nel secolo seguente si avvertirono i primi segni di un cambiamento di gusto (Burckhardt 1869), che portò nel 1912 a rimuovere quei “goffi e sciagurati addobbi” (Nardini, 1902).
L’angelo in questione insieme al suo pendant e a San Giovanni Battista in gloria fu esposto nel cortile del Museo, mentre gli altri elementi dell’altare, tra cui bassorilievi con Storie di S. Giovanni Battista e sei aquile della Calimala, furono spostati in deposito dove ancora giacciono.
Il complesso fu catalogato da Becherucci e Brunetti (1970) come una “pregevole manifestazione della scultura barocca fiorentina” e venne poi fatto oggetto di un primo attento studio di ricostruzione da parte di Brunetti nel 1976.
Nel 1995 Alessandra Giannotti, pur notando "Rudezze espressive, e un'insolita costruzione scultorea" continua la linea di rivalutazione del complesso cercando di comprendere il rispetto dell'artista barocco per il blocco marmoreo in accordo con le esperienze cinquecentesche e più antiche.
Relazione iconografico religiosa
Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica l'esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. Sant'Agostino dice a loro riguardo: “Angelus officii nomen est, non naturae. Quaeris nomen huius naturae, spiritus est; quaeris officium, angelus est: ex eo quod est, spiritus est, ex eo quod agit, angelus" chiarendo come la parola angelo designi l'ufficio, non la natura che è spirito (Sant'Agostino, Enarratio in Psalmos, 103, 1, 15). Gli angeli sono servitori e messaggeri di Dio e, nella Liturgia, la Chiesa invoca la loro assistenza nell'accompagnare i defunti in cielo "In Paradiso ti accompagnino gli angeli", ed è quello che fanno in questo complesso scultoreo, accompagnando San Giovanni Battista nella sua Assunzione.
Nell'arte paleocristiana la presenza dell'angelo è limitata ad alcuni episodi nei quali essa indica il diretto intervento divino dove l'angelo è riconoscibile più che altro per i gesti che compie, dato che è ancora rappresentato aptero, senza ali. Rappresentati solitamente in tunica dalmatica e pallio, l'adozione delle ali avvenne tra il IV e V secolo per rendere figurativamente la loro stretta relazione con i venti e il cielo di Dio, senza dimenticare importanti eredità iconografiche di altri e più antichi "messaggeri divini" come Mercurio o la Nike, la Vittoria.