Oggetto e soggetto
Definizione
Rilievo
Denominazione/dedicazione
Putti danzanti
Soggetti
- Fanciulli danzanti
Cronologia
Secolo
XV
Da
1432
A
1438
Motivazione cronologica
Documentazione
Autore
Luca della Robbia
Localizzazione geografica amministrativa
Denominazione
Museo dell'Opera del Duomo di Firenze
Complesso monumentale di appartenenza
Complesso monumentale d Santa Maria del Fiore
Luogo
23_Sala delle Cantorie
Altre localizzazioni geografico-amministrative
collocazione precedente
- Museo dell'Opera di Santa Maria del Fiore
- 2000
- 2013
- Sala delle cantorie
- Parete dell'ingresso (dalle scale)
- Collocazione Museo allestimento Zangheri Palterer
Provenienza
- Cattedrale di Santa Maria del Fiore
- 1438
- 1688
- Tribuna, lato nord, Sacrestia delle Messe
- Sopra il portale della Sacrestia
Rapporto
Stadio opera
Opera finale
Identificativi
Tipo di identificativo
Catalogo generale
Numero di identificativo di soprintendenza
09/00188390 _1
Data di identificativo di soprintendenza
1985
Inventario 2005 dell'Opera
369_05
Fonti e documenti di riferimento
Bibliografia
- Vasari G. (ed. a cura di Bettarini R./ Barocchi P.)
- Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, nelle redazioni del 1550 e 1568
- 1966-1987
- III, p. 51
- Marrai B.
- Le cantorie di Luca della Robbia e di Donatello, in "Arte e Storia"
- 1899
- p. 12
- Lisner L. D.
- Die Sángerkanzel
- 1960
- Becherucci L. / Brunetti G.
- Museo dell'Opera del Duomo a Firenze
- 1969-1970
- pp. 276-286
- Del Bravo C.
- L'umanesimo di Luca della Robbia, in "Paragone. Arte"
- 1973
- pp. 3-34
- Pope-Hennessy J. W.
- Luca della Robbia
- 1980
- Del Bravo C.
- Il Brunelleschi e la speranza, in"Artibus et historiae"
- 1981
- pp. 62-71
- Haines M.
- La Sacrestia delle Messe del Duomo di Firenze
- 1983
- pp. 58, 119-129, 221-225
- Mode R. L.
- Adolescent Confratelli and the Cantoria of Luca della Robbia, in “The art bulletin”
- 1986
- pp. 67-71
- De Marchi A. (a cura di G. Gentilini)
- "Ancor che l’arte fusse diversa", in I della Robbia e l’arte nuova della scultura invetriata
- 1998
- pp. 17-30
- Petrucci F. (a cura di Gentilini G./ Petrucci F./ Domestici F.)
- Luca della Robbia, in Luca della Robbia e l'"arte nuova" della scultura invetriata
- 1998
- p. 145
- Ortenzi F.
- Luca della Robbia gran maestro del marmo tra gli scultori del suo tempo, in "I della Robbia e il dialogo tra le arti del Rinascimento"
- 2009
- pp. 30-31
- Bormand M. (a cura di Paolozzi Strozzi B./ Bormand M.)
- Gli "spiritelli" del Rinascimento, in La Primavera del Rinascimento: la scultura e le arti a Firenze 1400-1460
- 2013
- pp. 111-117
- Bellosi L.
- Per Luca della Robbia, in "Prospettiva"
- 1981
- pp. 62-71
- Poggi G.
- Il Duomo di di Firenze: documenti sulla decorazione della chiesa e del campanile, tratti dall’Archivio dell’Opera
- 1909
- CXXVI - CXXVIII, parte VIII, pp. 249-256
Relazioni
Descrizione
Questo rilievo si trova tra la prima e la seconda mensola sotto il parapetto e rappresenta fanciulli e fanciulle che danzano in girotondo. La loro danza si svolge su un terreno roccioso. Essi indossano leggere tuniche e veli leggeri che cingono la nudità dei corpi. Nei capelli recano ghirlande di fiori.
Notizie storico critiche
Trovare una definitiva collocazione alle cantorie di Donatello e di Luca della Robbia, una volta ricomposte le parti smembrate dopo che, nel 1688, entrambe erano state smontate in occasione delle nozze del Gran Principe Ferdinando e di Violante di Baviera lasciandovi solo i mensoloni ed i piani di base, fu all’origine della creazione stessa del Museo dell’Opera del Duomo alla fine dell’Ottocento. La cantoria commissionata a Luca della Robbia era stata concepita per essere posta sopra la porta della Sacrestia delle Messe, sul lato nord della Tribuna della Cattedrale, e destinata ad ospitare un nuovo organo commissionato, fin dal 1432 a Matteo di Paolo da Prato, detto Matteo degli Organi. I documenti, riportati dal Poggi (1909), pur non recuperando il contratto di allogagione della cantoria a Luca, rivelano che si procedette all’acquisto di marmi sin dall’ottobre 1431, mentre il 9 aprile successivo si parla già del "perghamo degli organi" (Poggi, docc.1240-1241). Le notizie documentarie arrivano fino al 14 marzo 1438, quando s'incaricava il Brunelleschi di rompere la parete della Sagrestia, nei punti dove dovevano esser murati i beccatelli per il pergamo marmoreo destinato ad accogliere l'organo; seguono poi pagamenti a Luca Della Robbia, fino al saldo del compenso, il 28 agosto 1438 (Poggi, docc. 1280, 1285). Nei documenti, vengono ricordati anche i nomi di alcuni scalpellini che coadiuvarono il Della Robbia nella realizzazione delle cornici oltre che nell’acquisto e nella scelta dei marmi, Amedeo di Francesco detto Meo del Caprino, Giusto da Settignano e Nanni di Miniato (detto "i' Fora") per l'esecuzione delle cornici, e Checco di Andrea Fraschetta da Settignano per essersi occupato dei marmi a Carrara (Poggi, doc.1241, 1251-1252). L'intero compenso fu di 872 fiorini (Haines, 1983). I singoli rilievi, vennero scolpiti con ritmi regolari di due all'anno e terminati nell'aprile 1437. I più antichi, identificabili, secondo la stima dell'agosto 1434, con i due laterali e forse i due centrali del parapetto, si attengono alle composizioni statiche e scandite consuete al Della Robbia; mentre i successivi, per i quali ebbe un compenso superiore, mostrano un'attenzione alle movimentate danze di putti che Donatello stava scolpendo per il pulpito di Prato, delle quali si ebbe clamorosa rivelazione proprio nell'estate di quell'anno. In particolare il Del Bravo (1973), nel suo illuminante saggio “L’Umanesimo di Luca della Robbia”, trova puntuali riscontri tra i vari soggetti scolpiti nei rilievi e la scultura antica dei sarcofagi del Camposanto di Pisa, la statuaria greca, la ceramica attica e le monete antiche. Molte opere antiche erano infatti collezionate da umanisti fiorentini a lui contemporanei, in particolare da Niccolò Niccoli, suo amico, della cui collezione riferisce Vespasiano da Bisticci. Per Del Bravo, il rilievo con i Suonatori di Tamburello e quello con le Suonatrici di Cetra erano i due rilievi “maiora”di cui parla il documento del 1434, sia perché realizzati con un rilievo più basso rispetto ai pannelli successivi, sia perché ritornano in controparte nello sfondo della Madonna dell’Umiltà di Domenico di Bartolo datata 1433. Nelle Suonatrici di cetra, tra l’altro, il Del Bravo riscontrava anche elementi angelichiani tratti dall’Imposizione del Nome del Battista (dipinto tra il 1428 ed il 1430), in particolare per le acconciature, e nel rilievo con i Suonatori di tromba influssi dell’angelichiana Incoronazione della Vergine oggi al Louvre. Secondo Pope Hennessy (1980, p. 293), invece, i pannelli più antichi erano le Suonatrici di cetra e le Suonatrici di Salterio mentre per Seymour (1963, p. 111, n. 35), i Suonatori di Tamburello e i Suonatori di Cembali. Completavano la cantoria due Puttini alati reggicandelabro in bronzo dorato che, secondo quanto narrato dal Vasari (1568 ed Bettarini-Barocchi, 1966-87, III, p. 51), erano collocati agli estremi del parapetto e dovevano illuminare il nuovo organo, oltre che costituire un punto di riferimento luminoso nella penombra della tribuna. Si tratta dei due “spiritelli” che oggi si trovano al Musée Jacquemart-André di Parigi e che, a lungo attribuiti allo stesso Luca sulla scorta del Vasari, dopo il restauro cui sono stati sottoposti in occasione della mostra “La Primavera del Rinascimento” tenutasi a Firenze nel 2013, vengono oggi quasi del tutto concordemente assegnati a Donatello (Bormand, 2013. pp. 352-353). Dopo lo smembramento del 1688, i dieci rilievi figurati della cantoria furono ricoverati in una stanza dell’Opera mentre le parti architettoniche furono riutilizzate come materiale in alcuni lavori di riparazione sia del Campanile che del Battistero. La Brunetti (1969), nella sua esaustiva scheda per il catalogo del Museo dell’Opera di Santa Maria ddel Fiore e sulla scorta del suo saggio ad vocem Luca della Robbia nell’Enciclopedia dell’arte ([1958] 1971), ripercorre le tappe del pergamo smembrato nel corso dell’Ottocento. Più recentemente, questa parte della storia delle cantorie viene ulteriormente scandagliata ed approfondita in un saggio di Giancarlo Gentilini (1984), che, documenti alla mano, rivela i retroscena e le vicende legate alla permanenza dei due pergami nel Museo del Bargello, la volontà di predisporre inizialmente la loro collocazione nel Salone, l'esecuzione nel 1876 dei primi calchi, sia dei rilievi che delle parti architettoniche, da parte dei curatori del South Kensington Museum di Londra, il futuro Victoria and Albert Museum, e la realizzazione di due grandi cartoni da parte di Agostino e Giovanni Lessi, che sarebbero dovuti servire a progettare la collocazione delle vere cantorie nel salone del Bargello in cui possiamo apprezzare l'interpretazione che veniva fatta delle parti mancanti. Dopo essere stati a lungo collocati in una stanza dell’Opera che serviva da cereria e le parti architettoniche riusate in alcuni lavori di riparazione, nel 1822, infatti, i rilievi furono portati agli Uffizi da Giovanni degli Alessandri, deputato dell’Opera e direttore delle Gallerie, da dove poi nel 1867 furono trasferiti nel cortile del Museo Nazionale del Bargello e qui raggiunti dai mensoloni, a loro volta rimossi tra il 1842 ed il 1848 per far posto alle nuove cantorie progettate dall’architetto Baccani. E’ a questo punto che si inizia a pensare alla realizzazione di un contenitore che potesse ospitare definitivamente le due cantorie una volta ricomposte e nel 1883 si radunano tutti i pezzi che nel 1889 vengono finalmente riconsegnati al Museo dell'Opera del Duomo, un edificio espressamente voluto per esse, progettato in forme brunelleschiane dall'architetto che aveva da poco portato a termine il progetto del De Fabris per la facciata del Duomo, Luigi del Moro. Si procedette così ad una prima ricostruzione di entrambe le cantorie sempre da parte di Luigi del Moro. Per la cantoria robbiana mancavano, allora, del tutto, i pilastrini con capitello corinzio che avrebbero dovuto separare tra loro i singoli rilievi nel parapetto e la cimasa e per questo la ricostruzione del Moro, conclusa nel 1891, che si avvaleva di un solo pilastrino di separazione con capitello ionico, risentì subito di pesanti critiche, supportate, del resto dal ritrovamento, nel 1899 da parte dell’architetto Castellucci, di due pilastrini con capitello corinzio sui costoloni di copertura del Battistero. Quando poi nel 1941 negli scantinati dell’Opera fu rinvenuto un pezzo della cimasa con una parte dell’iscrizione con il Salmo 150, il rimontaggio della cantoria, che era stata un’altra volta smontata durante la guerra, si impose nuovamente e fu condotto a termine dell’architetto Sabatini nel 1954. La cimasa come tuttora la vediamo, è incompleta ed è stata realizzata parzialmente secondo due interpretazioni desunte da due opere di Luca: una che si ispira al monumento Federighi in Santa Trinita e l’altra al tabernacolo di Santa Maria Nuova ora in Santa Maria a Peretola. I giudizi critici sulla cantoria di Luca della Robbia sono sempre stati concordi nel considerare quest’opera uno dei capolavori del Rinascimento, uno dei vertici del naturalismo rinascimentale raggiunto attraverso una comprensione profonda dell’arte antica. Pur essendo la cantoria, la prima opera documentata di Luca essa si rivela, in realtà, come un punto d’arrivo della sua arte nel momento della piena maturità. In essa è tutto il portato delle sue frequentazioni con umanisti come Poggio Bracciolini e Niccolò Niccoli (Pope-Hennessy, 1980), amanti dell’antico e collezionisti che influenzarono non solo il Della Robbia ma anche Michelozzo, di cui si risentono influenze nelle sculture dei rilievi e lo stesso Brunelleschi, capomastro e guida del cantiere di Santa Maria del Fiore,delle cui idee architettoniche Luca divenne interprete e divulgatore. La cantoria di Luca è fin da subito una delle opere più celebrate nella storiografia artistica: essa viene citata nel Memoriale dell'Albertini (1510, ed. 1863, p.10) e nel libro di Antonio Billi (prima del 1530, ed Frey 1892, p. 45) che pur lodando le figure e le storie deplora il fatto che non si possa apprezzare a causa dell'altezza e così l'Anonimo Magliabechiano (1537-1542, Frey 1892, p. 80). Il Vasari ne parla in entrambe le vite dilungandosi di più, nella prima, a descrivere i singoli rilievi “dove si conosce il gonfiare della gola per lo alito: et le battute in su le spalle da chi regge la musica”, mentre nell'edizione del 1568 insiste sul confronto con la cantoria di Donatello facendo emergere la politezza di quella di Luca e l'aspetto di bozza di quella di Donatello che, a suo giudizio, si rivelerà però più funzionale alla visione ed all'apprezzamento delle figurazioni rappresentate. L'armoniosa opera di Luca intagliata e levigata con eccellente perizia in scene popolate e dai volumi rigorosi e aggettanti risultava poco leggibile nel buio della cattedrale mentre il mezzorilievo di Donatello, ravvivato dai bagliori delle tessere luminescenti incrostate come sfondo su tutta l'opera sembrava brillare di luce propria. Per quanto, dunque, nei giudizi critici sulla cantoria del Della Robbia abbia a lungo pesato il confronto con il suo pendant, scolpito negli stessi anni da Donatello con criteri, formali e tecnici, quasi opposti, si è da sempre concordi nel ritenerla uno dei vertici del naturalismo rinascimentale, raggiunto attraverso una profonda comprensione dell'arte antica. Indagini più recenti (Del Bravo, 1973; Pope-Hennessy, 1980) vi hanno potuto individuare numerose derivazioni da medaglie greche, marmi neoattici, sarcofagi romani, studiati da Luca nel Camposanto pisano e forse in un precedente viaggio a Roma (Seymour, 1962-63; Pope-Hennessy, 1980), osservati principalmente nella loro componente ellenica e riproposti con spirito filologico, rispettandone i valori sintattici e compositivi. La cantoria rappresenta quindi, il passaggio decisivo della carriera di Luca della Robbia, il momento della definitiva affermazione grazie anche a Brunelleschi con il quale Luca riuscì a stabilire una sintonia assoluta e nasce proprio da questa congiuntura il rigoroso e nitido classicismo della balconata robbiana. Il pergamo di Luca è composto da dieci altorilievi che raffigurano gruppi di giovani che suonano, cantano, danzano a illustrare i versi del salmo 150 iscritti sulle cornici seguendo un principio illustrativo codificato dall'Alberti nel De Pictura, nel cui Proemio (1436) Luca è celebrato fra i “novatori” dell'arte: l'opera deve mostrare “copia et varietas” di gesti, atteggiamenti, espressioni, movimenti. Le composizioni delle diverse specchiature sono per lo più simmetriche e fermate nel tempo, le figure serene esemplate su sarcofagi romani, medaglie greche, gemme, marmi neoattici, conosciuti da Luca oltre che a Firenze, nel Camposanto di Pisa e forse in un viaggio a Roma, a restituire il mondo antico nei suoi valori di coerenza formale, di sintassi metrica ed armoniosa composizione. La cantoria di Luca appare così in ricercata opposizione complementare a quella di Donatello, per la quale, tra l’altro erano stati indicate come eventuali fonti i salmi 148 e 149, vibrante di movimento e di colori per un riferimento all'antico che privilegia un'intonazione ellenistico dioniosiaca contaminata da spunti tardoromani e medio orientali. Le cantorie si presentano allora come interpretazione di diversi ritmi musicali o strutture retoriche di due salmi o di parti diverse dello stesso, in un progetto unitario probabilmente pensato dallo stesso Brunelleschi.
Relazione iconografico religiosa
Moltissimo è stato scritto sull'aspetto iconografico, iconologico e religioso delle due cantorie della cattedrale. Per questo specifico rilievo il Del Bravo (1973) trovò un riscontro puntuale in un vaso attico del Museo del Camposanto di Pisa. Più recentemente, come riporta anche Bormand (2013), per le due cantorie, è stata avanzata l'ipotesi di una fonte greca di origine platonica e pitagorica basata sull'interesse del Brunelleschi per le speculazioni musicali e per l'espressione simbolica: quella di Luca, illustrazione esplicita del salmo 150 a rappresentare l'armonia; quella di Donatello, con la sua danza di spiritelli, a rappresentare la melodia come combinazione successiva di suoni (Del Bravo 1981, pp. 57-72). Molto suggestiva anche la lettura che della cantoria di Luca dà il Mode in un saggio in cui prende in considerazione in particolare i giovani coristi che occupano i due rilievi laterali del parapetto per i quali egli suggerisce come modelli reali i confratelli adolescenti di una confraternita che cantavano salmi ed inni, anche se per questi specifici personaggi sono stati trovati riscontri con la statuaria antica e, in particolare per i tre cantori con rotulo, con i rilievi di un sarcofago del Camposanto di Pisa (Del Bravo, 1973). Il bagaglio iconografico impiegato da Luca per un progetto di particolare importanza per la cattedrale si sarebbe avvalso dunque della conoscenza e dell’approfondimento delle pratiche religiose popolari e dello sviluppo della musica religiosa in Firenze negli anni Trenta del Quattrocento. Rispetto ai putti della cantoria di Donatello, le figure scelte da Luca sono bambini più cresciuti e adolescenti. Di particolare interesse i due rilievi laterali definiti i pannelli dell’Alleluia. Questi giovani uomini sono realizzati con un naturalismo che si differenza dalla rappresentazione ideale che pervade i due registri della fronte della cantoria e nel cercare dei modelli Luca potrebbe avere scelto questi giovani all’interno delle confraternite di adolescenti che si cimentavano nel canto sacro come un regolare esercizio spirituale. I tipi di adolescenti che si riscontrano nei pannelli di Luca sembrano in particolare rispondere ad una descrizione che dei giovani, che si ritrovavano nelle confraternite a cantare i salmi e inni, fa Ambrogio Traversari, generale dell’ordine camaldolese dal 1431 al 1439, in una lettera al pontefice Eugenio IV, (Latinae epistolae ed L. Mehus, 1759, II col. 40 e II col. 136). In entrambi i pannelli dell’Alleluia, l'età dei partecipanti è di circa sedici anni, con l'eccezione di due giovani che sostengono il libro e che appaiono diversi anni più giovani e capaci di suonare in un registro più alto. Indossano tuniche che non hanno riscontro nell'abbigliamento contemporaneo e sembrano rispondere ad un editto emanato dal Papa Eugenio nel 1442 dove si prescrivevano bianche tuniche da indossare nelle pubbliche processioni. Sembra comunque evidente che Luca abbia testimoniato alle attività di queste compagnie scelte di giovani pii. Nella cantoria egli trasformò questi soggetti, tratti dall'osservazione personale, in un eletto gruppo di coristi ingaggiato in una divina celebrazione. Del resto in quegli anni ci furono importanti sviluppi in cattedrale relativamente alle tematiche legate alla musica sacra: una riforma della scuola del coro della cattedrale nel 1435, con una bolla di Papa Eugenio, scuola che il papa stesso aveva sovvenzionato con una donazione di 4000 fiorini e alla quale provvedeva anche l'Arte della Lana, l'introduzione del canto polifonico associato all’arrivo di Guillame Dufay a Firenze nel giugno del 1435 e la nomina di Antonio Squarcialupi come organista del Duomo nel febbraio del 1436 ma che già dal 1432 si esibiva in Duomo in attesa del nuovo organo che era stato commissionato a Matteo da Prato ma che non fu completato fino al 1448. Come ricostruito dal Janson, il vecchio organo fu collocato nella cantoria di Donatello e quello nuovo in quella di Luca. I due pannelli con l'Alleluja devono essere datati il più vicino possibile. Nei pagamenti effettuati a Luca tra il 1432 ed il 1438 non ci sono riferimenti ai singoli contenuti dei diversi pannelli. La Lisner ha proposto una datazione tarda . Un documento del 6 agosto 1434 riferisce di due pannelli “minora” e di due “maiora” per i quali Luca fu pagato 60 fiorini per i più grandi e trenta per i più piccoli e Pope Hennessy, convincentemente, (1958, p. 198) ritiene i minora i due pannelli dell'Alleluia. Se così fosse verrebbero a cadere i presupposti per i quali Luca potrebbe aver determinato i caratteri dei suoi coristi dagli eventi suddetti, accaduti tra il 1435 e il 1436, ma potrebbe aver trovato ispirazione dal coro papale che dal 1432 al 1436 contava dagli otto ai venti cantori. In realtà per la composizione di Luca non c'è nessuna specifico riferimento in questo tipo di gruppo che invece si rifà ai gruppi di confratelli: l'età, il tipo e la presentazione informale di questi giovani, confermano questa provenienza: ciò che Luca ritrasse non fu un gruppo vocale organizzato ma piuttosto un gruppo appassionato di coristi adolescenti.
Dati tecnici
Materiali
Marmo bianco di Carrara
Tecnica
Scultura
Misure
- Altezza: 98.5 cm.; Larghezza: 92 cm.; Profondità: 18 cm.; Peso: 294 kg;