Descrizione
Tavola cuspidata. Al centro la Madonna che allatta il Bambino. Questi è seduto sulle ginocchia della Madre e le afferra, con la mano sinistra, il dito indice della mano destra. La Madonna è seduta su un trono marmoreo colorato in verde e rosa. Lo schienale cuspidato del trono ha due ali che racchiudono la Vergine profilate sul davanti da una decorazione a losanghe. Sui vertici del trono sono tre piccoli vasi. La Madonna siede su una base rettangolare profilata da un motivo a dentelli mentre il basamento su cui essa poggia i piedi è rialzato e profilato con una larga dentellatura decorata con lo stesso motivo a losanghe dello schienale. Attorno al trono, sulla sinistra San Giovanni Battista, con croce e cartiglio, sulla destra San Biagio, con il libro e il pastorale. In basso ai due angoli del dipinto due iscrizioni: S. JOHES BAPTA e S. BIAGIUS e l’inizio di una parola perduta.
Notizie storico critiche
In un articolo del 2003 su Arte Cristiana, Ada Labriola attribuisce questa tavola a Jacopo del Casentino che definisce "uno dei protagonisti della pittura fiorentina del secondo quarto del Trecento". La studiosa riconduce infatti a quest'artista i volti pieni della Madonna e del Bambino, i volumi solidi e compatti e la sintesi compositiva della scena. Nella Scheda OA 09/ 00153464, curata da B. Boschi nel 1989, si riportava la più recente attribuzione di questo dipinto, fino a quella data, che veniva assegnato dal Boskovits (1975, p. 212, n. 56) al Maestro dell’Incoronazione Christ Church, un anonimo legato alla bottega orcagnesca, operante intorno al terzo quarto del XIV secolo, il cui corpus è stato ricostruito dall’Offner (1947, Sez. III, Vol. V, p. 148). Tale attribuzione veniva poi confermata nella scheda di revisione Artpast del 2006. In precedenza la Brunetti (1969, II, p. 281), che ripercorre la storia critica del dipinto, propendeva per una datazione entro la prima metà del XIV secolo e lo avvicinava ad un maestro affine a Pacino di Buonaguida. Il dipinto risulta provenire dalla cattedrale di Santa Maria del Fiore. Il Poggi (1904 Cat. n. 109, p. 51), che considerava la tavola eseguita nella seconda metà del XIV secolo, riferisce, infatti, che originariamente essa era collocata tra la porta dei Canonici e la porticina della cupola. Nel 1455 la tavola era detta anche “della pila” perché collocata di faccia alla pila dell’acqua santa e oggetto di particolare devozione, secondo quanto riferito dal Poggi nel 1909 (p. CXII). Una volta trasferita nella prima cappella della tribuna di sinistra, nel 1646, come riportano anche Richa (VI, 1757, p. 170 e p, 136) e Follini (II, 1790, pp. 218, 250), la tavola inizia ad essere denominata Madonna della Neve o della Saetta. Sembra che l’opera venisse annualmente esposta alla venerazione dei fedeli il 5 di agosto (Cocchi 1894 p. 75), giorno dedicato dalla chiesa alla venerazione della Dedicatio Santae Mariae ad nives, e che tale pratica fosse continuata anche dopo che l’opera era stata tolta dalla cattedrale nel 1842 (Paatz III, 1941-52, pp. 407, 417, 590, 591 e segg, nn. 594 595 596). Se nel Catalogo del 1891 (p. 28), l’opera è assegnata a scuola fiorentina della prima metà del XIV secolo, il Cocchi (cit. p. 75) la identificava con una Madonna dipinta da Mariotto di Nardo nel 1389 per arrivare al Rossi (1964, p. 94) che la giudica, nuovamente, di scuola fiorentina della seconda metà del XIV secolo.
Relazione iconografico religiosa
L’interesse di questo dipinto, oltre che nel il suo intrinseco valore di opera di carattere sacro, risiede nel suo carattere devozionale. Le fonti riportano come esso avesse una specifica intitolazione alla Madonna della Neve e che fosse esposto alla pubblica venerazione il 5 del mese di Agosto di ogni anno. Il culto della Madonna della Neve è legato alla nascita della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma ed al miracolo connesso con la fondazione di questa chiesa. Una leggenda infatti vuole che sotto il pontificato di Papa Liberio (352-366), un nobile romano di nome Giovanni, insieme alla moglie, non avendo figli, decidesse di offrire i propri beni alla Santa Vergine per la costruzione di una chiesa a lei dedicata. La Madonna gradì il desiderio dei due coniugi e apparve loro in sogno la notte fra il 4 e il 5 agosto, promettendo di indicare con un miracolo il luogo dove doveva sorgere la chiesa. Insieme al Papa, che aveva fatto lo stesso sogno, si recarono sul luogo indicato e lo trovarono coperto di neve in piena estate romana. Il culto della Madonna della Neve, con la leggenda del sogno di Papa Liberio, iniziò a diffondersi dalla seconda metà del XIII secolo, in particolare ad opera del domenicano Bartolomeo da Trento nella prima metà del XIII secolo che aveva esposto la leggenda nel suo Liber Epilogorum in Gesta Sanctorum. Il culto, che aveva trovato un’espressione iconografica soprattutto con la rappresentazione del Miracolo della nevicata prodigiosa, di cui anche in Firenze abbiamo testimonianza in vetrate ed affreschi (Niccolò di Pietro Gerini, Lorenzo Monaco, Domenico Ghirlandaio), ma che si esprimeva anche solo attraverso la rappresentazione della Vergine col Bambino, trovò poi una rinascita ed un forte risveglio nel tardo Cinquecento, insieme alla diffusione del culto per la Madonna del Rosario, con Papa Pio V che, per scongiurare a Roma il flagello della peste, portò l’icona della Madre di Dio, conservata in Santa Maria Maggiore, fino a San Pietro. Durante questo trasporto si verificò nel cielo un prodigio miracoloso che tutti videro distintamente. Il Papa, in seguito a questo evento, nel 1568 emanò una bolla con la quale fu allora istituita ufficialmente la festa della Dedicazione di Santa Maria ad Nives.