Descrizione
Pannello destro di un trittico. Suddiviso in tre scomparti inseriti entro cornici modanate e spartiti da fasce decorative a quadrilobi, a pastiglia, dorate. I due scomparti inferiori sono rettangolari, quello apicale è cuspidato. Il primo riquadro vede illustrato, su fondo oro, un paesaggio roccioso, a destra del quale sono dei caseggiati e una cinta di mura torrite. Tra queste sono varie figure di appestati morenti. In primo piano un cadavere in fasce viene deposto in una fossa da due uomini. Sulla sinistra san Sebastiano, barbato e vestito all'antica con tunica verde, indica il cielo a degli uomini che gli stanno ginuflessi di fronte. Alle sue spalle un diavolo vola via cacciato da un angelo. Nel secondo scoparto, su un fondo oro, sul basso orizzonte è rappresentata una piazza, delimitata, a sinistra, da un portico e, a destra, da alcuni caseggiati. A destra è san Sebastiano, barbato, in tunica all'antica verde, che indica una raggiatura alle sue spalle ad alcune persone sedute e ai suoi piedi, alcune delle quali si riparano gli occhi o li abbassano. A destra, un uomo in tunica verde e calzari rosa, indica quanto avviene sulla sinistra ad uno che lo segue, a sua volta scortato da altre due persone, mentre un quinto precede il gruppo con mani congiunte in preghiera. Nell'ultimo scomparto, cuspidato, è raffigurato su fondo oro l'arcangelo Gabriele, ginuflesso, con la destra benedicente, i capelli ondulati biondi, raccolti, le ali scure e la tunica rosa.
Notizie storico critiche
Nell'Inventario dell'Opera del 1818 (citato da Steinweg e al momento non reperibile) e in quello del Pini per il Duomo del 1862 (in "Atti", 1887, p. 70, nn. 45 e 48), il pannello è considerato a sè stante, e opera del XIV secolo, e così anche nel catalogo del 1891. Nel 1904, nel catalogo del Poggi i tre pannelli del trittico furono per la prima associati. Khvoshinsky e Salmi ne attribuirono a Giovanni del Biondo il pannello centrale. Il Van Marle attribuì i pannelli laterali a Jacopo di Cione, con datazione al 1372. Hadeln pensò di riferire la commissione dell'opera al vescovo di Firenze Filippo dell'Antella per l'altare di San Sebastiano del Duomo, in base alla Novella 171 del Sacchetti e a una notizia di Del Migliore. Ma il vescovo fu in carica dal 1358 al 1361 e quest'arco cronologico apparve troppo precoce alla critica successiva. Offner e Steinweg col Berenson lo attribuirono interamente a Giovanni del Biondo, con datazione al 1350 ca., e furono seguiti dal Meiss, dai Paatz e dal Rossi; la Becherucci vi vede anche la mano di Jacopo di Cione, forse in compartecipazione al del Biondo. L'occasione della peste del 1372 potrebbe spiegare iconograficamente la committenza dell'opera, e ben corrisponderebbe stilisticamente alla maniera di del Biondo e di Jacopo di Cione per i caratteri orcagneschi uniti ad un vivo senso naturalistico. Nel 2001 però, Leoncini e Bicchi ripropongono la data del 1348.
Relazione iconografico religiosa
Questa sezione del Trittico di San Sebastiano, con le altre che lo compongono con le storie del santo, ha il significato di far da cornice retorica che giustifichi la devozione che dev'essere riservata all'immagine di lui martirizzato, come appare nel pannello maggiore, al centro. Per la ragione che le ferite del suo martirio fossero consimili alle lacerazioni cutanee causate dal morbo della peste, la tradizione cristiana cattolica ne fece il santo protettore da questa epidemia. La scelta degli episodi agiografici trascelti dalle fonti, la maggiore delle quali è certamente la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine segue, non solo la cronologia degli eventi desunta dalla pagina, ma anche la necessità di sottolineare la funzione di san Sebastiano quale intercessore. Egli si rivela in questa veste in entrambi i primi due episodi di questa terna considerata: nel primo intercede esplicitamente cacciando i demoni, ritenuti responsabili del morbo; nel secondo, in qualità di predicatore media tra il gruppo dei devoti e le verità divine cui è dipinto addittare. Ancora, in entrambi i pannelli, la presenza dei caseggiati e delle mura, con riferimento a una città, e agli uomini che la abitano, sottolinea il carattere civico di questa funzione di protezione e di intercessione del santo. Infine, circa il suo essere martire, la scelta di inserire l'Annunciazione nei due scomparti laterali superiori esplicita san Sebastiano quale 'alter christus'. Questo titolo rivestiva funzione di consolazione per i devoti che pregavano davanti a quest'immagine per esigenze legate all'epidemia di peste: essi si identificavano col martire ed egli, per essere, a sua volta, assimilabile al Cristo in croce, denunciava la valenza positiva, in chiave cristiana, del dolore, della malattia e della morte.