Descrizione
La statuetta è in argento dorato e raffigura l'apostolo Filippo, come un bel giovane, sbarbato e con folta chioma ricciuta. Egli indossa una tunica con orlo decorato, chetiene stretta con la destra al petto, mentre con la sinistra stringe un libro chiuso. Dal lungo panneggio emergono i piedi scalzi.
Notizie storico critiche
Secondo il Mariti (1781) le reliquie collocate nella base del reliquiario su cui troneggia la presente statuetta fanno parte della donazione Grioni; mentre il braccio fu donato da Monaco di Mompi di Riccomanno de' Corbizzi. Questi era stato chierico a San Giovanni da giovane e poi, trasferitosi in oriente, divenne patriarca di Gerusalemme; in questa occasione ottenne la reliquia da Maria Comnena, vedova del re di Gerusalemme Almerico, e la donò in voto a San Giovanni a Firenze. Prossimo alla morte incaricò del trasporto il priore della chiesa della Resurezione di Gerusalemme e decano di quella di Giaffa, il fiorentino Rainiero, il quale, dopo alcune difficoltà potè consegnarla a Giovanni da Velletri, vescovo di Firenze. Fu in tal occasione fatta una sollenne celebrazione, cui parecipò tutto il popolo, tutto il clero e il podestà Rodolfo degli Alberti, conte di Capraia. Ancora il Mariti, documentatosi su varie fonti, riferisce che la reliquia era esposta il primo maggio, festa di San Filippo; il 23 e 24 giugno, festa del Battista patrono; il 6 novembre, per la dedicazione della chiesa, e il 13 gennaio, per la festa del Perdono. Nel 1422 è disposta la creazione di un reliquiario, creato nel 1425 dall'orafo Antonio di Piero del Vagliente. Tali informazioni provengono dalle carte strozziane e dal Berti (1850), ripreso poi dal Frey, benché con prudenza, data la presenza di errori. La reliquia è di nuovo citata dall'Albertini nel 1510, ma trascurando la descrizione del reliquiario, e così, sucessivamente, fanno Del Migliore, Richa e Lumachi. Il primo a soffermarsi a descriverlo è, appunto, il Mariti. Egli ritiene che il reliquiario, come altri, sia stato portato via e fuso, almeno parzialmente, dal cardinal Passerini, che lo prese con sè fuggendo assieme al cardinal Ippolito de' Medici, nel 1527. Sarà il Labarte, ne 1864, a parlare di un reliquiario del braccio di San Filippo, creduto perduto, ed eseguito da Antonio di Piero del Vagliente. Il Cavallucci cita il reliquiario ma non si sofferma a studiarlo. Gruyer (1875) riprende l'errata datazione del 1405 e lo descrive senza conoscerlo direttamente, riportando numerose inesattezze; trascurabile è anche la descrizione del Befani del 1884. Diversamente il Cocchi, nel 1901, riprende correttamente le notizie del Mariti. Il reliquiario è attribuito al Del Vagliente anche nella voce di questo artista nel Thieme-Becker del 1908. Ancora al Del Vagliente era attribuito nella "Mostra del tesoro di Firenze sacra", con datazione al 1425, e così dal Rossi. La Becherucci ha riordinato nel catalogo del 1969 tutta la cronologia critica sull'opera, proponendo una convincente datazione ai primi del rinascimento per la custodia superiore, con confronti ad altri reliquiari e ad altri esempi di statuaria primo quattrocentesca fiorentina, di influsso tardo gotico e brunelleschiano-donatelliano. Ella notò anche un accentuato donatellismo nella statuetta sommitale, assai differente dai profetini dei pilastri, e giunse a proporre il nome di Michelozzo come ideatore dello stesso. A queste idee si è attenuta la critica successiva, fino al fondamentale saggio di Bicchi del 1999, pur limitando alla sola statuetta sommitale
l'attribuzione alla mano di Michelozzo.
Relazione iconografico religiosa
La forma brunelleschiana della lanterna del reliquairio su cui è collocata la statuetta rimanda al tema del Cristo-luce, secondo i riferimenti vetero e neotestamentari alla parola (2Sam 22, 29; Lc 11, 33) dei quali, il più esplicito è Ap 21, 23: "La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello". La lode al santo è espressa da questa statuina facendone il vertice massimo e il centro di questa metafora sulla luce: la posizione e l'oro della superfcie rendono la sua figura una sorta di faro collocato su una torre. Ciò è coerente con il significato stesso della reliquia contenuta: un frammento fisico della santità dell'apostolo, volto a illuminare e a guidare la fede del devoto. Più da vicino, san Filippo è ritratto giovane e coperto di una ricca veste: entrambi rimandi alla gloria da lui meritata attraverso il martirio. Il libro che stringe nella sinistra sarà il Vengelo, al cui insegnamento egli ha aderito col cuore, come dice la destra chiusa sul petto.