Descrizione
Il badalone è in legno di noce nel mobile di base e nel leggio, e in più ha altre piccole parti in legni diversi e alcune inserzioni marmoree. Il mobile di base è a sezione orizzontale esagonale. Ogni faccia ha una decorazione a specchi ovali, costituiti da doppia coppia di bande a voluta, poste una nell'altra e inquadranti, alternativamente, uno stemma mediceo, e un occhio marmoreo. Negli spigoli, smussati, sono paraste lisce, decorate con occhi marmorei e teste femminili. Il fusto è circolare a colonna con entasi decrescente verso l'alto fittamente scanalata e scolpita, in basso, con due basi a ciambella: una decorata con una teoria di teste di ariete e una di mascheroni; nella parte superiore ci sono baccellature e terminale coronato a corolla. Il leggio è di forma essenziale, a sezione orizzontale triangolare, privo di decorazioni, in basso sono dei poggiacodici sporgenti, sagomati, in apice è una grossa pigna.
Notizie storico critiche
Il badalone ha, la parte inferiore, realizzata nella seconda metà del XVI secolo, la superiore, tra il 1904 e il 1964, come si deduce leggendo il catalogo del Museo del 1891 che non cita tale leggio, mentre questo compare dopo la chiusura bellica. L'esecuzione del badalone, in base ad analisi dell'intaglio, fu incluso da Luigi Dami, nel 1921-22, tra i manufatti lignei fiorentini di ambito vasariano; gli intagli del mobile si avvicinano infatti molto alle esperienze pittoriche delle Sale degli Elementi in Palazzo Vecchio, dove motivi architettonici di matrice michelangiolesca si sostituirono a quelli più liberamente vegetali del secolo precedente. I nomi candidabili per la sua realizzazione, per data e stile, in confronto a manufatti simili, sono i figli di Giuliano di Baccio d'Agnolo, Francesco Agnolo e Giovanni (autori del coro della Certosa del Galluzzo), e Simone di Domenico Colombino, anch'egli impegnato nel coro della Certosa del Galluzzo e ricordato come legnaiolo per l'Opera del Duomo. Il Colombini è noto grazie al lavoro documentario di Karl Frey, che ne ha scoperto la partecipazione nella bottega vasariana tra gli operai al vescovado di Arezzo e alla realizzazione del coro della cattedrale. Tale coro era affidato a Baccio d'Agnolo, su disegno del Vasari, e alla sua morte nel 1555, fu sostituito dal Colombini, a riprova della sua vicinanza all'ambiente vasariano (carteggi pubblicati da Gaye nel 1840). Il Colombini non è per altro noto alla critica, e la sua presenza all'ideazione e all'esecuzione del coro della Certosa non permette di approfondire l'attribuzione.