Descrizione
Il reliquiario è lavorato in argento fuso e sbalzato, in ottone e in rame dorati. La base è mistilinea, modanata a gradino. Al di sopra è una ricca cornice argentea a volute fitomorfe e riccioli, cingente una vetrina mistilinea. Quindi vi è una cornice mistilinea dorata, avente ai lati due volute e nastri, e che sul lato frontale è spartita orizzontalmente e verticalmente in varie sezioni: due coppie di cellette ai lati, rettangolari, sono scandite da nastri e volute; all'interno, altre cellette mistilinee sono definite da volute fitomorfe e da cartigli didascalici delle reliquie sovrastanti. In apice è un importante fastigio di volute in argento, coronato da una conchiglia e da palme argentate che cingono una piccola urna di cristallo. All'interno sono cassette in rame e ripostigli apribili con apposite chiavi.
Notizie storico critiche
Nel 1710 Cosimo III predispose la realizzazione di un reliquiario per le reliquie della donazione Chiaromonte del 1439, da offrire al Duomo in cambio di altre reliquie che gli erano state a sua volta donate. Nel 1714 il reliquiario era pronto, opera di Holzmann e delle botteghe granducali, su disegno del Foggini, e fu così anche stilato l'elenco delle reliquie da collocarvi, tratte dalle cassette in avorio della Tribuna di S. Antonio, dove le ricorda una memoria di un cappellano riportata dal Richa. Il reliquiario è notato per la prima volta dalla letteratura nella mostra del 1933, mentre il Rossi lo descriverà più accuratamente attribuendolo a generica "bottega fiorentina". Nel catalogo del 1969 è attribuito alle botteghe granducali, si propone di riconoscervi il disegno del Foggini e viene riferita la scoperta della data di donazione, termine ante quem per la realizzazione. Successivamente, fu fatto il nome di Holzmann e l'idea del disegno di Foggini, ripresa da Bicchi nel 1999. Bicchi riporta anche un cartiglio trovato all'interno con la data di una ripulitura antica.
Relazione iconografico religiosa
Un'analisi iconografica del reliquiario è difficile, poiché esso è privo di figurazioni. Solo si può dire della valva di conchiglia apicale, rivolta verso l'alto. Essa è una figura simbolica antica e nota a Firenze: da una parte è simbolo dell'eternità dell'anima, per essere la metà del mollusco a sopravvivere alla morte dello stesso, e dunque allude all'infinita beatitudine dei santi testimoniati dalle loro reliquie. Nel corso del Seicento fiorentino però, massimamente con Vittoria della Rovere, che la usò nel proprio emblema e motto, la valva è immagine di verginità perenne e purezza incorruttibile, in relazione alla perla che vi si può trovare all'interno, qui sostituita significativamente dalla reliquia, che è testimonianza del candore spirituale del santo.