Descrizione
In primo piano, quasi al centro della composizione sono raffigurati i tre apostoli dormienti, in pose rilassate e monumentali; il primo da sinistra, semidisteso, indossa un elegante manto rosso decorato da fiori polilobati verdi, gialli e bianchi sopra la veste azzurra; gli altri due apostoli hanno invece semplici mantelli rispettivamente azzurri su veste viola e marrone. Più in alto sulla sinistra si svolge un' altra fase della storia: Cristo, inginocchiato al suolo sta per ricevere il calice recatogli da un angelo in volo (il Cristo indossa un manto azzurro foderato di verde sopra la veste viola, mentre il piccolo angelo ha un mantello bianco svolazzante sulla veste rossa). Lo sfondo paesaggistico occupa gran parte della composizione; sulla massa bruna del suolo (interrotta da un sottile rivolo di acqua, quasi a superare i due momenti della scena, spuntano rigogliosi alberelli disposti dietro agli apostoli dormienti e piccoli cespugli sparsi, mentre in alto a destra appare la città di Gerusalemme, turrita e cinta di mura, che si staglia nitida sull' azzurro compatto del cielo. L' ampia bordura è decorata da una serie di girali bianchi e azzurri (su fondo rosso, verde e azzurro) interrotti da un motivo a stella e da ampi fiori policromi. La grisaglia è data con sfumature.
Notizie storico critiche
A partire dagli anni ‘30 del 1400, si avverte la necessità di dare adeguata sistemazione agli occhi del tamburo, ovvero alle otto grandi finestre circolari, che fin dal maggio 1413 erano finite di «serrare» in pietra forte. I lavori per le otto vetrate ebbero inizio nel 1433 e si conclusero nel 1445, proprio mentre il Ghiberti lavorava alla Porta d’Oro del battistero, inducendo l’Opera ad affidargli solo parte dell’impresa, distribuendo gli incarichi restanti anche ad altri artisti presenti al servizio della cattedrale: Donatello, Paolo Uccello, Andrea del Castagno.
L’orazione nell’orto fu commissionata al maestro vetraio Bernardo di Francesco il 2 maggio 1443 insieme alla vetrata della Resurrezione; il disegno fu fornito da Lorenzo Ghiberti che in data 11 settembre 1443 veniva saldato per questo e per quello dell’Ascensione. Nel febbraio 1444 l’opera era già compiuta e posta in loco, come è specificato nel pagamento a Bernardo di Francesco. Nel giugno 1507 si compensava Sandro di Giovanni Agolanti restauratori in pianta stabile delle vetrate del duomo, per il rifacimento di una lastra. Lo stesso Ghiberti nel suo secondo Commentario afferma: “nella tribuna sono tre occhi disegnati di mia mano; nell’uno è come Cristo va in cielo, nell’altro quando adora nell’orto. A terzo quando è portato nel tempio”. Numerosi gli interventi critici relativi all’opera in esame. Già il Vasari, nelle sue Vite, attribuisce al Ghiberti tutte le vetrate del tamburo eccetto l’Incoronazione di Donatello. Brevi osservazioni nel Semper che parla di disegno confuso e di scarsa efficacia dei colori. Importante il contributo del Poggi che, nel 1909, curò la pubblicazione del materiale documentario riguardante tutte le vetrate del Duomo, da lui ordinato e riassunto in brevi commenti esplicativi su ogni singola opera. Per il Toesca il motivo floreale nel manto dell’apostolo a sinistra rende confusa la forma ed è solo un “vano accorgimento” adottato per interrompere l’uniformità delle tinte delle vesti. Secondo la Van Straelen l’azzurro brillante di una lastra nell’apostolo in primo piano ed il rosa lilla del tronco della palma a destra sono di restauro; inoltre la studiosa nota che nella trasposizione in vetro si è perduta la plasticità del disegno ghibertiano, pregiudicando la chiarezza della rappresentazione. Il Salmi osserva come nei tre occhi del tamburo lo stile dell’artista si ampli per influsso di grandi maestri contemporanei operanti nelle vetrate vicine (Donatello, Paolo Uccello, Andrea del Castagno); egli ritiene la città di Gerusalemme più vicina alla veduta di Firenze nell’arco di S.Zanobi che non alla Gerico ed alla Gerusalemme della porta del Paradiso. Marchini, nota come, nonostante l’introduzione del paesaggio, non si abbia uno spazio misurato, mancando nella scena un “deciso miglioramento prospettico di elementi in profondità ed essendo le figure e gli episodi” ivi immessi in maniera prevalentemente intuitiva. Secondo Von Oesterreich è probabile che le vesti degli apostoli non riflettano il disegno originario e negativo è il suo giudizio della scena, miscuglio di elementi ghibertiani forse dovuto alla mano di un allievo. In occasione della mostra ghibertiana del 1978 la vetrata è stata oggetto di uno studio accurato da parte di M. Bacci che ne delinea la storia e la fortuna critica, notando come la disposizione delle forme riprendendo un modulo espresso circa quarant’anni prima dello stesso Ghiberti nella porta nord e come lo sfondo paesistico inserisca quest’opera nell’ambito dell’attività contemporanea per la terza porta del Battistero.
Relazione iconografico religiosa
Il programma iconografico degli occhi del tamburo è rappresentato dalla vicenda cristologica, narrato, secondo l'ordine suggerito dalle immagini, dall'Annunciazione, dalla Natività, dalla Presentazione di Gesù al tempio, dall'Orazione nell'orto, dal Compianto sul Cristo morto, dalla Resurrezione, dall'Ascensione, dall'Incoronazione di Maria.
La scena raccontata nella presente vetrata raffigura l’orazione nell’orto. Anche secondo Giovanni, Gesù rivolge a Dio una preghiera poco prima della cattura, ma la sua versione diverge abbastanza nettamente da quella dei sinottici. Secondo Matteo, Marco e luca, dopo cena Gesù si sarebbe appartato con Pietro, Giovanni e Giacomo (gli stessi tre apostoli che avevano assistito alla Trasfigurazione) per pregare sulle pendici del monte degli Ulivi. Nonostante l'afflizione di Gesù (L’animo mio è triste fino alla morte” confida a Pietro), i tre discepoli, vinti dal sonno, si addormentano. Gesù sale ancora per un breve tratto (“quanto un tiro di sasso”) da solo. La preghiera assume un’intensità davvero spasmodica: Gesù chiede al Padre di “allontanare il calice” della Passione, ma subito dopo accetta la volontà di Dio. Solo in Luca, a questo punto, compare l’angelo consolatore, frequentemente rappresentato.