Descrizione
Nella parte superiore della vetrata (la prima da destra, in basso, nella tribuna centrale) con arco a sesto acuto, è raffigurata la Madonna col Bambino, assisa in trono sotto un baldacchino di forme tardo-gotiche. La Vergine indossa un manto azzurro foderato di verde sopra la veste violacea ed è rivolta affettuosamente verso il Bambino, vestito di rosso in piedi sulle sue ginocchia. Nella zona inferiore compaiono i due santi titolari, gli apostoli Filippo e Giacomo minore, entrambe in piedi, a figura intera e lievemente rivolti verso il centro. Il primo, di aspetto giovanile, tiene sollevato con la mano destra un oggetto ed ha un libro nella sinistra; indossa un ampio mantello rosso sopra la veste azzurra. L'apostolo Giacomo che lo affianca, canuto e barbato, ha un lungo bastone nella mano destra ed un libro nella mano sinistra. I due santi sono collocati in un interno chiuso sul fondo da una bifora con archi a sesto acuto. La bordura che circonda l' ntera composizione e divide orizzontalmente le due zone presenta un decoro a motivi vegeto-floreali policromi su fondo rosso. La grisaglia è data con sfumature.
Notizie storico critiche
La vetrata fu commissionata a Domenico di Piero da Pisa il 31 gennaio 1442 assieme a quella per la cappella di S. Bartolomeo. Il disegno fu fornito da Lorenzo Ghiberti che risulta pagato per esso con lire sedici in data 6 luglio 1442. Nel 1517 viene menzionato un restauro ad opera di Niccolò di Giovanni di Paolo. L’opera in esame, al pari di quasi tutte le altre vetrate delle tribune è stata oggetto di scarsa attenzione da parte della critica che, in genere, si è limitata ad un breve giudizio complessivo su di esse. Fu il Poggi, nel 1909, il primo studioso ad occuparsi di tutte le vetrate della cattedrale fiorentina con la pubblicazione dei documenti ad esse relativi, da lui ordinati e riassunti poi in brevi commenti su ogni singola opera. Un’analisi più approfondita che tenesse conto dei dati stilistici e tecnici, come pure delle personalità dei diversi maestri vetrai, fu tentata nel 1938 dalla Van Straelen; la studiosa, in questa vetrata, osserva le forme morbide a mature della Madonna e la sapiente disposizione spaziale delle figure; si dilunga poi nella descrizione dei colori, ben armonizzati ed abilmente contrapposti, osservando inoltre come i volti mostrino chiaramente lo stile del Ghiberti, anche se non sembra siano stati dipinti di sua mano. Da sottolineare il termine usato nel doc. 679 che si riferisce all’intervento del Ghiberti: egli viene pagato “pro suo magisterio” (così anche nel doc. 664, relativo alla vetrata di S. Andrea) e non semplicemente per il suo “disegnio”, come avviene nella maggior parte del caso; è possibile quindi supporre una partecipazione attiva dell’artista alla fase pittorica di questa vetrata.
Relazione iconografico religiosa
Le 15 finestre inferiori (una per cappella) delle tribune sono suddivise in tre campi: in alto sta il santo titolare della cappella, e in basso sono raffigurati santi o personaggi collegati al santo principale da appropriati legami, secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine.
Nella presente vetrata è raffigurata la Madonna col Bambini in alto e San Giacomo il minore e San Filippo apostolo in basso.
La Vergine in trono, la Regina Coeli, è quasi sempre raffigurata col Bambino. In Occidente, gli esempi più antichi di questo tipo di figurazione si trovano nei mosaici di Ravenna e altrove. Tre sono le versioni che si riscontrano nell’antica pittura italiana: la Vergine e il Bambino ritratti frontalmente, di derivazione bizantina; la Vergine che addita il Bambino; e il tipo più materno, con la Madonna che abbraccia il piccolo Gesù. La Vergine in trono all’interno di una cappelletta o di un’altra convenzionale struttura ecclesiastica (nella quale ella figura molto grande) è intesa come personificazione della Chiesa. Altrimenti, il trono stesso può inglobare elementi architettonici, sempre con la medesima connotazione.
Giacomo Minore fu uno degli apostoli, solitamente identificato con «Giacomo, il fratello del Signore» citato da San Paolo (Galati, 1, 19) che divenne il primo vescovo di Gerusalemme. Sebbene il termine fratello in quel contesto può assumere vari significati, esso finì per essere inteso in senso stretto e da ciò ebbe origine la tradizione di raffigurare Cristo e questo santo molto somiglianti. Grazie a tale consuetudine è più facile riconoscere San Giacomo entro soggetti quali, ad esempio, l’Ultima Cena. Il fatto è stato più volte addotto a spiegazione del bacio di Giuda, che avrebbe consentito ai soldati di arrestare l’uomo giusto. Secondo fonti antiche, Giacomo fu gettato dalla cima del tempio, quindi lapidato e bastonato a morte. La Legenda aurea riferisce che uno dei persecutori afferrò un follone e lo colpì sul capo facendone uscire il cervello. Questo strumento, che può avere un manico di varia lunghezza e l’estremità a forma di clava o di mazza, costituisce l’attributo del santo. Un tempo veniva usato per battere il panno o il feltro. A partire dall’inizio del XIV secolo, soprattutto nell’arte tedesca, Giacomo è invece raffigurato con un arco da cappellaio, usato per la fabbricazione del feltro da cappelli o per la pulitura della lana, a volte privo della fune. Era il patrono dei cappellai, dei commercianti di tessuti e di altre analoghe corporazioni medievali. Come vescovo di Gerusalemme egli indossa, in certe immagini, le vesti episcopali e la mitra, e regge la croce pastorale.
Filippo apostolo, originario di Betsaida, fu tra i primi a essere chiamati da Gesù perché lo seguissero. Nell’iconografia non occupa un posto preminente e la sua comparsa, sia in immagini devozionali sia in scene narrative, è alquanto rara. È raffigurato come un uomo di media età, in genere con la barba corta. Suo attributo è la croce; infatti, la tradizione vuole che si recasse nella Scizia a predicare il vangelo e là, con l’aiuto della croce, cacciasse un serpente o drago che era oggetto di venerazione nel tempio di Marte. Quando il mostro emerse alla luce emanò un tale fetore che molti dei presenti morirono. I sacerdoti del tempio, infuriati, catturarono Filippo e lo crocifissero. Secondo una tradizione tramandatasi in seno alla Chiesa orientale, egli fu crocifisso a testa in giù come San Pietro.