Descrizione
Nella parte superiore della vetrata (la seconda da destra, in basso, nella tribuna centrale), con arco a sesto acuto, è raffigurato l'evangelista Giovanni assiso in trono sotto un baldacchino esagonale di forme tardo-gotiche; il Santo indossa un mantello rosso riccamente panneggiato (con grandi fiori polilobati verdi, gialli e azzurri) sopra la veste azzurra e sembra intento a scrivere il suo Vangelo. Nella parte inferiore compaiono due Santi, entrambi in piedi, a figura intera e leggermente rivolti verso il centro. I due personaggi, con mantello rispettivamente azzurro su veste rossa, e viola su veste verde, tengono sollevata nella mano destra una pietra e stringono un rotolo nella sinistra; sono collocati in un interno chiuso sul fondo da una bifora con archi a sesto acuto internamente trilobati. La bordura che delimita l' intera composizione e divide orizzontalmente le due zone è ornata da una serie policroma di fiori stilizzati a quattro petali inscritti in cerchi su fondo rosso. La grisaglia, dove è ancora visibile è data con sfumature.
Notizie storico critiche
Il 6 settembre 1441 venne commissionata l’esecuzione della vetrata a Biagio di Angiolo di Biagio di Lippo ed il 12 maggio 1442 si registra il pagamento di trentadue lire a Lorenzo Ghiberti per il disegno sia di questa vetrata che di quella nella cappella di S. Antonio abate;in un altro documento, datato 14 giugno 1442 è registrato ancora il pagamento di undici lire al Ghiberti per la finestra di S. Giovanni Evangelista che qui si dice allogata ad Angelo di Lippo ed al padre di Biagio, maestro vetraio, per la quale veniva pagato il 4 maggio 1443. E’ quindi probabile che Biagio di Angiolo di Biagio di Lippo lavorasse la finestra che gli era stata affidata, assieme al padre Angiolo di Lippo, cui risulta saldata la medesima. Il 1 luglio 1509, il vetraio Sandro di Giovanni di Andrea Agolanti rifece di nuovo la testa di S. Giovanni Evangelista e parte del baldacchino; inoltre il 18 aprile 1527 si pagavano i frati per la “lavatura e racchonciatura” della medesima vetrata. L’opera in esame, al pari di quasi tutte le altre vetrate delle tribune, è stata oggetto di scarsa attenzione da parte della critica che, in genere, si è limitata ad un breve giudizio complessivo su di esse. Fu il Poggi, nel 1909, il primo studioso ad occuparsi di tutte le vetrate della cattedrale fiorentina con la pubblicazione dei documenti ad esse relativi, da lui ordinati e riassunti poi in brevi commenti su ogni singola opera. Un’analisi più approfondita che tenesse conto dei dati stilistici e tecnici, come pure delle personalità dei diversi maestri vetrai fu tentato nel 1938 dalla Van Straelen, in particolare riguardo alla vetrata in questione la studiosa ritiene probabile una collaborazione tra Biagio ed il padre Angelo Lippo; nota inoltre una concezione spaziale grandiosa nella figura dell’Evangelista ed un effetto di notevole vivacità nei due Santi inferiori soffermandosi poi sui restauri cinquecenteschi e sull’abilità dei vetrai esecutori. La vetrata è ricordata dal Salmi per il rapporto compositivo esistente tra le figure dei Santi in trono ed i dottori della chiesa e gli Evangelisti della prima porta ghibertiana, con una lontana eco nei Santi dipinti sugli sportelli degli altari tedeschi e fiamminghi.
Relazione iconografico religiosa
Le 15 finestre inferiori (una per cappella) delle tribune sono suddivise in tre campi: in alto sta il santo titolare della cappella, e in basso sono raffigurati santi o personaggi collegati al santo principale da appropriati legami, secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine.
Nella presente vetrata è raffigurato San Giovanni evangelista in alto e, in basso, due personaggi non meglio identificati (forse - secondo Acidini - Atteo ed Eugenio, giovani descritti nella Legenda Aurea che, convertiti dall’Evangelista, qui raffigurati nell’atto di rinunciare alle ricchezze).
Giovanni evangelista, apostolo, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo, presunto autore del quarto vangelo e, secondo la tradizione, dell’Apocalisse. Fu uno dei primi discepoli chiamati da Gesù. È presente, con Pietro e Giacomo, alla trasfigurazione. Nelle figurazioni dell’Ultima Cena appoggia il capo sul petto di Cristo, in base alla tradizione secondo la quale era il discepolo prediletto. Durante la preghiera nell’orto, è raffigurato dormiente insieme a Pietro e Giacomo mentre Gesù, un poco discosto, è assorto in preghiera. Nella versione iconografica della crocifissione egli compare solo con la Vergine ai piedi della croce. È tra le figure presenti alla deposizione dalla croce, al compianto e alla deposizione di Gesù nel sepolcro. Compare altresì nelle raffigurazioni della morte della Vergine e dell’assunzione in quanto gli scritti apocrifi da cui queste scene sono tratte erano attribuiti a lui. Durante il ministero apostolico, Giovanni si accompagnò spesso a San Pietro. Si dice che morì ad Efeso in età molto avanzata. Suoi attributi sono il libro e il cartiglio che alludono ai suoi scritti; l’aquila, che può avere nel becco una penna o un calamaio; il calice, dal quale spunta un serpente; il calderone d’olio bollente e la palma: non però la palma del martirio, bensì quella appartenente alla Vergine che gli fu consegnata alla morte di Lei. È raffigurato secondo due fondamentali tipologie: come apostolo è un giovane aggraziato, a volte quasi femmineo, sbarbato e con lunghi capelli a boccoli; il secondo tipo, nettamente contrastante, è invece quello dell’evangelista: un uomo anziano con barba grigia.
Cosma e Damiano furono antichi martiri cristiani dei quali poco è noto, tranne il fatto che subirono il martirio a Ciro nella Siria settentrionale. Secondo la leggenda erano gemelli ed entrambi medici, e si prodigarono gratuitamente per il prossimo; furono infine giustiziati per la loro fede cristiana durante la persecuzione di Diocleziano. Nella Firenze rinascimentale erano i santi patroni della famiglia Medici: pertanto compaiono nella pittura fiorentina, soprattutto nel XV secolo. Era loro precipua funzione scongiurare le malattie, soprattutto la peste; perciò la loro presenza si riscontra principalmente nei dipinti votivi di ringraziamento, nei quali sono raffigurati in piedi dinanzi alla Vergine. A volte fanno gruppo con San Rocco e San Sebastiano, anch’essi invocati contro le malattie. Indossano la lunga toga dei medici di epoca rinascimentale, solitamente di colore rosso cupo e foderata e orlata di pelliccia. Il loro copricapo circolare è anch’esso rosso. Reggono un cofanetto contenente unguenti, oppure una lancetta o altri strumenti chirurgici, o ancora, occasionalmente, un mortaio e pestello.
Precipitati in mare, i due santi sopravvissero, come uscirono indenni dalla crocifissione e dalla lapidazione; vennero gettati nel fuoco ma uscirono vivi dal rogo. Furono infine decapitati.