Descrizione
Nella parte superiore della vetrata (la terza da destra, nella Tribuna centrale), con arco a sesto acuto è raffigurato il vescovo San Zanobi, assiso in trono sotto un baldacchino di forme neo-gotiche; il santo, leggermente girato verso la sua sinistra, porta la mitria ed un manto rosso a fiori polilobati verdi e gialli; tiene il pastorale nella mano sinistra ed ha l'altra sollevata in atto benedicente. Nella zona inferiore sono rappresentati S. Eugenio e S. Crescenzio, entrambi in piedi a figura intera e rivolti verso il centro; tengono le mani incrociate sul petto ed il volto sollevato; indossano rispettivamente un manto rosso (a fiori verdi e gialli) e verde (a fiori rossi e azzurri). L' ampio sfondo azzurro è concluso da una bifora con archi a sesto acuto interamente trilobati. La bordura che delimita l' intera composizione e divide orizzontalmente le due zone presenta un motivo verde e bianco che si avvolge a spirale attorno ad un'asta.
Notizie storico critiche
La vetrata della cappella di San Zanobi è stata restaurata e ricomposta “quasi ex-novo” dal prof. Ulisse de Matteis e risulta collocata al suo posto in data 25 aprile 1902. Nel rifacimento, dove non era più possibile basarsi sulla vecchia vetrata, “dové supplire con particolari nuovi ideati nel modo che a lui sembrò meglio rispondente al carattere speciale dell’opera”.
I documenti evidenziano come la vetrata “differisca dalle altre esistenti nella tribuna per gli effetti della sua colorazione, troppo chiara e in alcune parti manchevoli”.
Fu collocata al posto della finestra quattrocentesca lavorata da Bernardo di Francesco e Francesco di Giovanni tra il 1428-32.
Tale sostituzione fu causata dalla cattiva conservazione della vetrata, sottoposta a cattivi restauri in epoche passate. L’opera riproduce fedelmente le forme e lo stile dei modelli quattrocenteschi: le proporzioni delle figure, qui più ridotte e l’affetto d’insieme, la distacca dalle altre vetrate delle tribune. Da ricordare che alcuni critici che si sono occupati di essa hanno ritenuto si trattasse della finestra originaria eseguita tra il 1428-32; così il Poggi, nel suo breve commento dei dati raccolti da lui pubblicati, il Crispoldi ed anche la Van Straelen che, però, accenna ai numerosi restauri operati nel corso dei secoli.
Relazione iconografico religiosa
Le 15 finestre inferiori (una per cappella) delle tribune sono suddivise in tre campi: in alto sta il santo titolare della cappella, e in basso sono raffigurati santi o personaggi collegati al santo principale da appropriati legami, secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine.
Nella presente vetrata è raffigurato San Zanobi in alto e Sant’Eugenio e San Crescenzo in basso.
Zanobi (morto nel 417 ca.), di nobile famiglia, si convertì al cristianesimo in giovane età, divenendo poi vescovo di Firenze. Era legato da amicizia a Sant’Ambrogio. Secondo la leggenda possedeva il potere di resuscitare i morti: nella pittura rinascimentale fiorentina è spesso raffigurato mentre compie tale miracolo. Il tema più popolare è quello in cui resuscita un bimbo finito sotto le ruote di un carro tirato da buoi. Mentre si trasportava la bara con il corpo di Zanobi nel duomo, essa urtò accidentalmente un albero secco che subito si ricoprì di foglie; secondo la tradizione il santo fu sepolto dove si erge l’attuale battistero. Egli è raffigurato come un vescovo in età avanzata. Può avere come attributo un albero fiorito, oppure regge un modello della città di Firenze. Nella sua aureola, sul fermaglio del piviale o su un libro può figurare il giglio di Firenze. Compare accanto ad altri santi protettori della sua città o di famiglie fiorentine, come Giovanni Battista, Cosma e Damiano e Lorenzo.
Una passio, scritta nell'850-875 (?) sotto l'influenza della abbazia di S. Dionigi, priva, peraltro, di ogni carattere storico, pretende che Eugenio fosse cittadino romano. Andando in Francia, San Dionigi l'Aeropagita lo incontrò e gli conferì l'episcopato, assegnandogli Toledo come campo di apostolato. Dopo alcuni anni di predicazione fruttuosa, Eugenio volle rivedere Dionigi, di cui ignorava il martirio, per informarlo del suo lavoro. Fu anche lui arrestato per ordine di Fescennino Sisinnio e decapitato il 15 novembre. Gli indicò dove si trovava il corpo del martire. Solo dato certo è che a Deuil si trovava un modesto santuario che si gloriava di possedere le reliquie di Sant’Eugenio e l'origine di questo culto sembra essere la deposizione delle spoglie del martire, probabilmente orientale, sotto l'altare della chiesa. Le reliquie, senza dubbio per metterle al riparo dai Normanni, furono trasferite in S. Dionigi. Eugenio è citato il 15 novembre dal Martirologio di Wandeberto di Prum (verso l'848) e da quello di Usuardo (verso l'875), i quali, però, non parlano affatto del suo carattere episcopale. Il 18 agosto 919 (?) il suo corpo, per iniziativa del riformatore monastico, s. Gerardo, fu portato da S. Dionigi a Brogne (oggi nella diocesi di Namur). Nella descrizione di questo trasferimento Eugenio ha ricevuto il titolo di vescovo di Toledo. Deuil, malgrado la duplice traslazione, continuò a venerare il santo. La sua chiesa, ceduta nel 1060 a S. Florenzo di Saumur, fu ricostruita nei secc. XI-XII e restaurata recentemente. Nel sec. XIII Sant’Eugenio appariva nei libri liturgici di Parigi e nei calendari di altre Chiese, ma solo col titolo di martire; all'opposto, l'abbazia di S. Dionigi, ispirandosi ai dati della passio, festeggiò il santo come martire e vescovo di Toledo, titolo che, sotto la influenza della stessa passio, è accordato ad Eugenio dai libri liturgici di Liegi e dal Martirologio di Echternach (cod. Paris. 10158) della fine del sec. XII. Anche in Spagna il culto di Eugenio dipende completamente delle leggende di S. Dionigi. Non vi era, d'altra parte, nessuna venerazione liturgica prima della traslazione del 1156: il 12 febbraio di quell'anno, su richiesta di Luigi VII, re di Francia, prima, e poi del re di Castiglia, Alfonso VII, l'abate di S. Dionigi portò un braccio del santo a Toledo. Nello stesso modo, a seguito delle istanze di Filippo II, dopo Carlo X, i monaci di S. Dionigi accordarono alla cattedrale di Toledo tutto ciò che ancora possedevano di reliquie, ad eccezione di un braccio. Questa traslazione, avvenuta il 18 novembre 1565, come la precedente, pone un problema di autenticità, perché anche a Brogne si diceva di possedere il corpo intero del santo. Nel 1736 il Breviario parigino di Ventimiglia accorda a Eugenio una lezione storica, che riprende i dati leggendari della passio.
Crescenzo, martire cristiano, decapitato a Roma nel 396, è venerato tra i patroni di Siena, nel cui duomo si conservano le sue reliquie. È raffigurato come un giovane guerriero, in piedi sopra una spada abbandonata a terra, e reca in mano la sua stessa testa mozzata.