Descrizione
Nella parte superiore della vetrata (la terza da destra, in basso, nella tribuna della Croce), con arco a sesto acuto, è raffigurato S. Stefano, assiso in trono sotto un baldacchino di forme neogotiche. Il Santo, dalla posa rigidamente frontale e maestosa, ha la mano sinistra sul libro poggiato sopra il ginocchio e nella destra tiene la palma del martirio; indossa un manto verde dall' ampio panneggio (decorato da fiori gialli e rossi) sopra la veste rossa, ed ha la testa giovanile cinta da una sorta di fascia bianca. Nella zona inferiore sono rappresentati due santi, in piedi, a figura intera e rivolti verso il centro. Il primo, con ampio manto rosso a grandi fiori verdi e gialli, tiene le mani incrociate all' altezza del petto, mentre il santo che lo affianca (in manto azzurro a fiori rossi e gialli) le ha sollevate ed aperte in un gesto quasi di stupore; entrambe hanno il volto sollevato e sono collocati in un interno chiuso sul fondo da una bifora con archi a sesto acuto. La bordura che circonda l' intera composizione è decorata da fiori policromi.
Notizie storico critiche
La vetrata fu commissionata dapprima, il 22 aprile 1439, a Carlo di Francesco Zati insieme a quella vicina sopra la cappella di S. Mattia; il 13 novembre del medesimo anno, l’allogagione di entrambe le finestre venne trasferita a Guido di Niccolò, che ne fu l’esecutore. Risulta compiuta e messa a posto il 19 dicembre 1441.
L’opera in esame, al pari di quasi tutte le altre vetrate delle tribune, è stata oggetto di scarsa attenzione da parte della critica che, in genere, si è limitata ad un breve giudizio complessivo su di esse. Fu il Poggi, nel 1909, il primo studioso ad occuparsi separatamente di tutte le vetrate della cattedrale fiorentina con la pubblicazione dei documenti ad esse relativi, da lui ordinati e riassunti poi in brevi commenti su ogni singola opera. Un’analisi più approfondita che tenesse conto dei dati stilistici e tecnici, come pure delle personalità dei diversi maestri vetrai, fu tentata nel 1938 dalla Van Straelen; in particolare, secondo la studiosa, questa vetrata mostra una più ricca scala cromatica rispetto alle due finestre eseguite da Guido per la Tribuna di S. Antonio, ed il sontuoso mantello in oro, verde e blu del profeta in alto a destra, richiama il manto della Maddalena nella finestra di facciata in S. Croce (la cui esecuzione può essere attribuita allo stesso maestro vetraio); osserva inoltre la plasticità sicura del personaggio in basso a sinistra rispetto alla figura vicina che risulta più stativa ed appiattita e ne conclude che Guido avesse lavorato forse in collaborazione con un altro maestro vetraio non ben precisato. Certo è che se Guido si valse dei disegni di un altro maestro, questi non può essere che il Ghiberti, benché il suo intervento all’opera in esame non sia documentata. In un opuscolo pubblicitario della ditta De Matteis, stampato nel 1906, son ricordati, senza tuttavia esser specificati, i lavori per S. Maria del Fiore, dei quali, invece, non si trova menzione nel "Dizionario degli artisti italiani viventi" di A. De Gubernatis.
Relazione iconografico religiosa
Le 15 finestre inferiori (una per cappella) delle tribune sono suddivise in tre campi: in alto sta il santo titolare della cappella, e in basso sono raffigurati santi o personaggi collegati al santo principale da appropriati legami, secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine.
Nella presente vetrata è raffigurato Santo Stefano in alto e santi in basso.
Stefano, protomartire della fede cristiana, fu lapidato dopo avere suscitato le ire dei membri del sinedrio, consesso supremo degli ebrei a Gerusalemme, avendoli accusati in un famoso discorso (Atti, 7, 2-56) di essere pervicacemente miscredenti e di avere ucciso il Messia che era stato preannunciato dai loro profeti. Fu uno dei sette diaconi nominati dagli apostoli. È generalmente raffigurato come un giovane sbarbato e dai tratti delicati; porta la dalmatica dei diaconi come i Santi Lorenzo e Vincenzo di Saragozza. Suo specifico attributo, in quanto strumenti del suo martirio, sono le pietre (talvolta macchiate di sangue) che egli regge o che compaiono sul suo capo, sulle sue spalle, in una piega della veste oppure su un libro ai suoi piedi. Il santo regge anche la palma del martirio e a volte un incensiere. Come figura devozionale, santo Stefano compare spesso accanto a San Lorenzo.