Descrizione
Nella parte superiore della vetrata (la quarta da destra, in basso, nella tribuna della Croce), con arco a sesto acuto, è raffigurato S. Giacomo apostolo, assiso in trono sotto un baldacchino di forme tardo-gotiche. Il Santo, lievemente rivolto da un lato, indossa sopra la veste viola (con cintura verde) un manto azzurro foderato di bianco ampiamente drappeggiato; tiene un libro aperto con la mano sinistra ed un lungo bastone nella destra.Nella parte inferiore sono rappresentati due Santi, entrambi in piedi, a figura intera, e parzialmente rivolti verso il centro. Il personaggio barbato a sinistra porta un ricco manto bianco operato con un motivo a melograne gialle sopra la veste verde ed un copricapo di foggia orientale; tiene un rotolo nella mano sinistra ed ha l' altra sollevata nella posa oratoria. La figura a fianco è avvolta in un semplice mantello rosso foderato di verde, sopra la veste azzurra; con la mano sinistra trattiene un lembo del manto mentre la destra è sollevata in un gesto di colloquio. Entrambi sono collocati in un interno chiuso sul fondo da una bifora con archi a sesto acuto. La bordura che circonda l' intera composizione e divide orizzontalmente le due zone è ornata da un festone vegeto-floreale policromo avvolto a spirale attorno ad un bastone. L'artista ha usato il giallo d' argento per il mantello del Santo in basso a sinistra. La grisaglia è data con sfumature.
Notizie storico critiche
La vetrata fu commissionata dapprima, il 31 gennaio 1442 , a Guido di Niccolò e compagni, ma il 31 agosto dello stesso anno gli operai passarono l’allogagione a Bernardo di Francesco che in quel periodo era senza lavoro. Il disegno fu eseguito da Lorenzo Ghiberti che risulta pagato per esso con lire sedici il 10 dicembre 1442. L’opera era compiuta e già messa a posto nell’aprile del 1443, come è specificato nel documento in cui è registrato un pagamento di lire dieci al suo esecutore Bernardo di Francesco. Nel 1517 veniva restaurata da Niccolò di Giovanni di Paolo assieme ad altre vetrate della tribuna. L’opera in esame, al pari di quasi tutte le altre vetrate delle tribune, è stata oggetto di scarsa attenzione da parte della critica che in genere si è limitata ad un breve giudizio complessivo su di esse. Fu il Poggi, nel 1909, il primo studioso ad esaminare singolarmente tutte le vetrate della cattedrale fiorentina, pur limitandosi egli ad un breve commento esplicativo del materiale documentario da lui interamente pubblicato. Un’analisi più approfondita che, tenesse conto dei dati stilistici e tecnici, come pure delle personalità dei diversi maestri vetrai, fu tentata nel 1938 dalla Van Straelen; la studiosa considera la vetrata in questione come il miglior lavoro del periodo tardo di Bernardo di Francesco, arrivando a supporre un’esecuzione avvenuta in stretta collaborazione col Ghiberti; sottolinea inoltre la forza espressiva dei volti, la plasticità delle figure e la loro abile collocazione spaziale. Marchini accenna, assieme ad altre, alla figura di S. Giacomo, notando come il senso della maestà visibile in essa scaturisca soprattutto da esteriori manifestazioni formali quali la monumentalità e lo sfarzo delle vesti. Il "San Giacomo" venne disegnato da J.A. Ramboux, nel corso del suo primo soggiorno in Italia (1816-1822).
Relazione iconografico religiosa
Le 15 finestre inferiori (una per cappella) delle tribune sono suddivise in tre campi: in alto sta il santo titolare della cappella, e in basso sono raffigurati santi o personaggi collegati al santo principale da appropriati legami, secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine.
Nella presente vetrata è raffigurato San Jacopo in alto ed Ermogene e Fileto in basso.
Giacomo Maggiore fu uno degli apostoli, figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni Evangelista; era pescatore in Galilea. Faceva parte del gruppo degli apostoli più vicino a Gesù; fu testimone, con Pietro e Giovanni, della trasfigurazione e della preghiera nell’orto (in quest’ultima scena i tre sono raffigurati dormienti mentre Gesù è in preghiera). Giacomo fu processato a Gerusalemme nell’anno 44 da Erode Agrippa e fu fatto decapitare. I momenti del suo processo e della sua esecuzione sono rappresentati entro cicli d’affreschi medievali e su vetrate.
Una tradizione leggendaria che risale al Medioevo vuole che Giacomo si recasse in Spagna come missionario e che venisse seppellito a Compostella; entrambi i fatti sono storicamente inattendibili, tuttavia, Santiago di Compostella è divenuto uno dei più importanti luoghi di pellegrinaggio cristiani. L’iconografia, soprattutto quella spagnola, si è rifatta più alla leggenda che alle Scritture. Giacomo è raffigurato in tre diversi modi: come apostolo. È un uomo maturo, con la barba rada e i capelli scuri divisi in mezzo e spioventi ai due lati come quelli di Cristo. Suo attributo è la spada, strumento del suo martirio. Nelle immagini devozionali meno antiche regge il bastone del pellegrino che di solito lo distingue dagli altri santi con lui raggruppati; Come pellegrin (dal XIII secolo in poi). Porta il cappello a larga falda del viandante e il mantello. Appesa al bastone, o a tracolla, ha la bisaccia oppure la borraccia. Il suo particolare attributo, la conchiglia, compare sul mantello, sul cappello o sulla bisaccia; come cavaliere e santo patrono della Spagna. È raffigurato a cavallo e con lo stendardo; veste l’abito del pellegrino o l’armatura.
Di Ermogene e Fileto ci informa la Legenda Aurea nella vita del santo (pp. 534-535): «Mentre stava predicando la parola di Dio in Giudea, un mago di nome Ermogene, d’accordo con i farisei, gli mandò un suo discepolo, di nome Fileto, che riuscisse a persuaderlo, di fronte a tutti i Giudei, che ciò che predicava era falso. L’apostolo però argomentò pubblicamente contro di lui, sino a persuaderlo, e compiendo per di più molti prodigi, e Fileto se ne tornò da Ermogene, a cui affermò la verità della dottrina di Giacomo, riferendo i miracoli e dichiarando di volerne diventare discepolo, e cercando persino di convincerlo a divenirne discepolo lui stesso». Dopo che ciascuno dei due aveva dato all’altro un saggio dei propri poteri, Giacomo convertì e battezzò il mago Ermogene.