Oggetto e soggetto
Definizione
Dipinto
Denominazione/dedicazione
Salita al Calvario
Soggetti
- Salita al Calvario
- Salita al Calvario
Cronologia
Secolo
XVI
Anno
1589
Da
1589
A
1589
Motivazione cronologica
Bibliografia
Autore
Giovanni Balducci, detto Il Cosci
Localizzazione geografica amministrativa
Denominazione
Museo dell'Opera del Duomo di Firenze
Complesso monumentale di appartenenza
Complesso monumentale di Santa Maria del Fiore
Luogo
17_Galleria dei modelli
Rapporto
Stadio opera
Opera finale
Identificativi
Tipo di identificativo
Catalogo generale
Inventario 2005 dell'Opera
794
Fonti e documenti di riferimento
Bibliografia
- Bietti M./ Giusti A. (a cura di)
- Ferdinando I de' medici 1549-1609. Maiestate tantum
- 2009
- P. 99, cat. n. 18
- Baldinucci F. (ed. a cura di Manni D. M.)
- Notizie de professori del Disegno da Cimabue in qua, in Opere di Filippo Baldinucci
- 1812
- III, p. 92
- Richa G.
- Notizie istoriche delle chiese fiorentine divise ne’ suoi quartieri
- 1754-1762
- VI, p. 127
- Vasetti S.
- "San Zanobi battezza il popolo fiorentino" di Bernardino Poccetti: una tela per l’apparato delle nozze di Ferdinando I in duomo, in “Medicea”
- 2009
- 2, pp. 34-57
- Lecchini Giovannoni S. (a cura di Verdon T./Innocenti A.)
- L'apparato nuziale del 1589: nuove proposte, in La cattedrale e la città: saggi sul Duomo di Firenze, in Atti del VII centenario del Duomo di Firenze
- 2001
- Schmidt J. K.
- Le statue per la facciata di S. Maria del Fiore in occasione delle nozze di Ferdinando I, in "Antichità viva"
- 1968
- VII, 5, pp. 43-53
- Verdon T.
- Il nuovo Museo dell'Opera del Duomo, in Il Grande Museo del Duomo di Firenze
- 2015
- P. 99, n. 18
Relazioni
Descrizione
Il dipinto è un olio su tela di formato rettangolare orizzontale; la pittura è rapida; essa raffigura il momento in cui Gesù cade sotto il peso della croce e viene confortato dalla pia donna Veronica, che gli asciuga il volto. Il fondo, affollato di personaggi, è oro
Notizie storico critiche
L'opera è di Giovanni Balducci, che la dipinse nel 1588.Nell’aprile del 1588 il vescovo di Firenze Alessandro de’ Medici aveva fatto dipingere a proprie spese dal pittore Giovanni Balducci un’Ultima Cena che venne posizionata in Duomo, all’altare della cappella di San Zanobi (dove è tuttora visibile). L’Opera del Duomo decise allora di far eseguire due tele simili per le cappelle centrali delle tribune della Croce e della Madonna, che il Balducci dipinse nel giro di pochi mesi. Esse fecero parte dell’apparato effimero allestito in cattedrale per le nozze del granduca Ferdinando I de’ Medici con Cristina di Lorena (1589).
Dati tecnici
Materiali
Colori a tempera/ tela
Tecnica
Pittura
Misure
- Altezza: 230 cm; Larghezza: 573,5 cm;
Restauri
Restauro
- Data: Dicembre 2013 - Settembre 2015
- Situazione: Non si hanno notizie di precedenti restauri, l'opera è rimasta per lungo tempo arrotolata nei depositi in gravissimo stato di degrado. Risultavano peraltro evidenti le tracce di antichi traumi e di numerose intelaiature soprawenute nel tempo che avevano man mano segnato e tagliato la tela dipinta soprattutto sui bordi a destra e a sinistra. Il dipinto è stato a lungo oggetto di studio per capire l'esatta natura della tecnica esecutiva e in particolare la tipologia dei leganti del colore. E' stata prospettata alla commissione dell'Opera del Duomo, che poi ha approvato, l'opportunità di realizzare delle analisi scientifiche che chiarissero questi dati e permettessero di stabilire e mettere in atto con sicurezza le più corrette metodologie di intervento. L'intervento di restauro, per le notevoli dimensioni di questa grande tela dipinta da Giovanni Balducci per gli apparati effimeri allestiti in occasione del matrimonio di Francesco I de' Medici con Cristina di Lorena (1589), è stato compiuto nei laboratori di restauro di Art Defender a Calenzano in uno specifico spazio appositamente allestito dove la tela è stata srotolata e collocata in piano su un tavolo di lavoro costruito appositamente. Le analisi preliminari richieste, approvate dalla commissione dell'Opera, hanno accertato trattarsi di tempera a caseina di vacca come si era supposto fin dai primi saggi sull'opera. La tecnica esecutiva di maniera larga e la materia pittorica infatti apparivano molto vicine alla tipologia che caratterizza la pittura murale a secco o a "mezzo fresco". La materia pittorica di questo dipinto, a causa delle molteplici spiegazzature secche, traumi sfondamenti e al decomporsi della tela, forse anche alluvionata, appariva sgretolata quasi ovunque e in condizioni generali precarie e delicatissime. Dopo una serie di saggi preliminari, con il dipinto in piano, il metodo che ha dato risultati soddisfacenti è stato quello di affiancare una leggera pulitura a tampone in parallelo con un consolidamento sistematico a colla di pesce disinfettata con penetrazione capillare tramite veicolo acetone, al quale far seguire stirature progressive e asciugatura sotto pressione regolata a zone. Per evitare macchie o aloni, o sovrapposizioni eccessive di colla, si è proceduto in questo modo: pulitura leggera in zona circoscritta, trattamento ad acetone e simultanea fermatura a colla di pesce utilizzando una sorta di metodo a "giornate" seguendo il disegno di precise aree circoscritte. Tale modo di procedere, rispettando i contorni di forme e colori, ha prodotto un ottimo ed equilibrato risultato. Per mantenere stabili le condizione di colore raggiunte con pulitura e fermatura sono stati fatti vari saggi in una zona già consolidata ed è stata individuata una leggera vernice fissativa cerosa, opaca e non visibile, idonea a stabilizzare, rafforzare e proteggere il colore. L'effetto ottenuto in superficie rimane opaco ma il trattamento evidenzia maggiormente la maniera pittorica e la vivida policromia che altrimenti sarebbe rimasta ingrigita, piatta e quasi monocromatica. Ad integrare la miriade di rotture e micro lacerazioni della tela si è poi messa a punto, con ottimi esiti, una sorta di "pasta di tela" ottenuta con un tritato o macinato di tela vecchia (reso sfilacciato e cotonoso, tipo lana cardata) che permette di arrivare ad una "mousse" fibrosa e filosa ottima per risarcire le sfilacciature e i piccoli fori della tela originale. Una volta applicata ad integrare le parti interessate tutto viene poi rimesso sotto pressa con piani e pesi regolati per una corretta asciugatura in piano. Si decide quindi di ricostituire una continuità nel supporto originale con l'inserimento di innesti di tela vecchia, di trama simile a quella originale, nelle parti dove vi sono forti lacerazioni, larghi sfondamenti e in particolare nelle zone perimetrali in basso verso destra e su quasi tutto il bordo in alto, degradatissimo, e dal quale mancano vistose parti di tela. Tali "innesti" vengono ritagliati, sulla esatta forma delle lacune, inseriti a misura a seguire i profili delle mancanze e vengono poi fissati ai lembi della tela originale tramite la "pasta di tela" sopradescritta che ha dato ottimi risultati anche per il suo colore naturale assai simile a quello originale. Le misure del dipinto vengono così ricostruite sulla base delle parti superstiti del vivagno alla base e dei margini in lato. Il tutto viene poi tenuto sotto pressa fino a completa asciugatura. Anche le grandi lacune cicliche nelle zone centrali del dipinto sono state così integrate. La superficie viene poi fissata con il film protettivo opaco sopradescritto. L'effetto generale è di una sistematica rigenerazione del colore assai efficace. Considerando l'ottimo esito degli innesti di tela, sia nelle zone centrali che lungo bordo, e la buona spianatura e consolidamento complessivo della tela ottenuti, l'Alta Sorveglianza dei lavori (Maria Matilde Simari) indica la possibilità di evitare la foderatura completa in funzione di una ribordatura perimetrale che, date le grandi dimensioni della tela e la necessità di attuare una notevole trazione al momento della intelaiatura, si suggerisce di realizzare con doppie fasce di diversa tipologia di tela e con due diversi adesivi reversibili. Il dipinto viene quindi arrotolato sul cilindro di trasporto e rivoltato sul retro. Si prowede quindi a ponteggiare dal dietro gli innesti centrali in tela vecchia con riquadri di tela leggera ma sensibilmente più robusta del crinolino. L'applicazione viene effettuata a pasta "fiorentina" stirata a caldo e poi asciugatura e spianatura con la consueta pressione regolata. Si studiano quindi larghe fasce preliminari nella stessa tela sottile ma robusta utilizzata per le ponteggiature centrali. La larghezza di dette fasce dovrà comprendere le parti aggiunte ad innesto lungo bordo e attestarsi adeguatamente sulla tela originale. La misura considerata idonea è di circa 27/28 cm e vengono anch'esse applicate a pasta "fiorentina" e poi stirate accuratamente. Si passa a realizzare quindi le fasce definitive in tela di lino bollito robusta (1111 della CTS) della larghezza di circa 30 cm che vengono applicate a termoadesivo Beva e ferro a temperatura regolata e in posizione leggermente più esterna rispetto a quelle preliminari ad evitare una possibile sovrapposizione marcante del margine interno. Gli esiti sono ottimi. Il dipinto viene quindi riarrotolato e rimesso in piano dalla parte della pittura. Si rimuovono quindi le parti marginali precedentemente velinate e si awia la fase determinante della stuccatura delle lacune. Si decide di utilizzare uno stucco preparato con colla di pesce al posto di quella di coniglio in coerenza con l'utilizzo sistematico della più trasparente e filtrante ittiocolla impiegata per le fermature generali dell'opera. Per la base architettonica e per le parti perdute a oro vengono utilizzati stucchi già intonati, con l'ottenimento di buoni risultati in particolare per le parti del fondo a oro perdute. Per le figure e i dettagli si utilizza viceversa stucco bianco. Per le ricostruzioni di parti mancanti di volti mani panneggi e figure, una volta rifinita a bisturi la stuccatura, si procede facendo il disegno preliminare ad acquerello o a carbone sullo stucco bianco e poi integrando a tempera con sistema di velature a tratteggio progressive. A causa dell'ampiezza e della diffusione delle lacune si rende necessario svolgere le fasi di stuccatura per zone circoscritte. Una di queste riguarda la ricostruzione della base con mensola architettonica e motivi a perlinatura dorata e foglie d'acanto. La parte di perlinatura più in basso risultava quasi interamente perduta. Tenendo conto delle tecniche tradizionali per la realizzazione di ornati o motivi decorativi ricorrenti, viene fatto un lucido di un tratto della perlinatura originale e riportato a carbone, a "spolvero", sulle parti da integrare, per poi perfezionare il disegno ad acquerello o a tempera leggera. Lo stesso viene fatto per le fogliette di acanto del decoro. Nel caso di figure, o dettagli significativi o di particolare complessità, si opera sempre per zone facendo sempre precedere un disegno preparatorio preliminare alle successive stesure delle basi a tempera. Il compito assegnato dalla Commissione dell'Opera del Duomo (Timothy Verdon, Bruno Santi, Beatrice Agostini) è quello di restituire al dipinto la necessaria leggibilità con un intervento integrativo di tipo "museale" mettendo in atto soluzioni integrative in attenta e piena sintonia con l'originale. Vengono così ricostruite tutte le zone centrali coincidenti con le ampie lacune. Assai complesso è stato il progressivo svilupparsi delle integrazioni sul gruppo di sinistra con la Madonna sostenuta dalle Pie Donne. Era, assieme alla parte destra con i due cavalieri, una delle zone più massacrate da pieghe, lacerazioni e tracce reiterate di telai. Per la ricostruzione delle parti perdute delle figure intorno a Maria si utilizza, per analogia, il motivo del panneggio presente sulle figure centrali degli ufficiali e viene anche ricostruito il disegno della gamba sinistra della Madonna, parzialmente perduta, e della sua mano destra sostenuta da quella del giovane all'estrema sinistra, sfruttando al massimo i frammenti di colore superstiti. Lo stesso viene fatto per la lacuna con parte della croce e della gamba dell'ufficiale con elmo, pennacchio e lancia (anche questa parzialmente ricostruita). Per le perdite sulla veste del Cristo si utilizzano le indicazioni fornite dall'andamento delle pennellate originali e dai frammenti rimasti. Stesso procedimento viene seguito per il panno della Veronica. Completata un'ampia parte delle stuccature e relative preparazioni, e per poter operare al meglio nelle zone centrali del dipinto, viene appositamente costruito un telaio prowisorio fisso, della stessa misura del dipinto stesso, dotato di tre traverse e l'opera vi viene prowisoriamente intelaiata con un primo progressivo ritensionamento generale. L'opera viene messa in piedi e liberato il piano per il secondo dipinto "Lamentazione sul Cristo morto". Prosegue quindi la preparazione a tempera delle lacune e il perfezionamento progressivo delle tante parti danneggiate che, via via che la superficie migliora, affiorano con evidenza e vengono risarcite puntualmente con impasto di stucco intonato nel palmo della mano o con ritocchi e continue migliorie di stucco liquido veicolato da acetone. Vengono così ricostruiti sulla base di minutissimi frammenti i pennacchi e parte degli elmi dei romani con le varie parti decorative degli stessi. Per le parti perdute o disgregate del fondo oro in alto si è optato per una campitura a "vibrazione" ottenuta con una base a tempera più chiara tratteggiata con un bolo marrone più scuto (simile a quello originale presente al di sotto dell'oro originale). Alcune piccole lacune o scoperture sono state integrate con oro in conchiglia poi velato e accostato all'originale. Le parti dorate di fondo originali sono apparse patinate sistematicamente con un bolo scuro trasparente. Residui delle pennellate risultano presenti e visibili dietro alcuni volti in alto. Le integrazioni sono state trattate con la stessa metodologia. Ancora buoni risultati qui li ha dati una "ringranatura" generale, a punta di pennello, a togliere le punteggiature bianche causate dalle microfratture e microcadute , con l'uso di colori trasparenti a vernice a base di terra verde antica e bruno di Garanza via via modulati. Tra i recuperi più significativi, ma anche le ricostruzioni più complesse, vi è il gruppo di figure con due uomini a cavallo sulla destra letteralmente massacrato dalle pieghe e dalle fratture e all'inizio praticamente illeggibile. La coda del cavallo di destra in gran parte perduta è stata ricostruita sulla base di alcuni frammenti e per stretta analogia con quella del cavallo di sinistra. Anche per le pieghe centrali della veste del Cristo si è lavorato per analogia e basandosi sui riferimenti e frammenti esistenti. Per diverse settimane si sono protratti gli ulteriori passaggi di stuccature sempre a migliorare le superfici e a rompere le tracce di piegature particolarmente tenaci come quella sulla veste del Cristo al centro. Chiusi gli ultimi punti bianchi qua e là e ritrovata una sostanziale unità nei gruppi di figure e nella superficie dipinta generale, si è studiata la verniciatura fissativa e stabilizzante del dipinto che viene effettuata, dopo varie prove, con una idonea formula calibrata ad effetto opaco. Alcune zone particolarmente assorbenti (i toni Verdi, I bruni, gli scuri) vengono infine ulteriormente trattati a cera vergine sciolta in essenza di trementina. Il nuovo telaio ligneo costruito a misura in legno lamellare (cm 230x573,5) realizzato da falegnameria specializzata e dotato di tre traverse e dieci punti di espansione con biette a forcella in faggio, viene portato al Museo dell'Opera del Duomo smontato e tirato su con un argano al secondo piano. Il trattamento antitarlo a Per-Xii viene effettuato in loco. Nel laboratorio di Art Defender viene eseguita l'arrotolatura del dipinto e l'imballo sull'apposito rullo in previsione del trasferimento dell'opera al Museo che awiene (tramite Arterìa) il 21 settembre 2015. Nei giorni successivi all'interno del Museo dell'Opera del Duomo viene montato il telaio ad espansione regolabile sul quale viene srotolato e tensionato definitivamente il dipinto. Nei giorni successive si lavora a realizzare gli aggiustamenti e le integrazioni finali lungo i bordi prima della collocazione museale definitiva nell'apposita teca di contenimento. Gli architetti che seguono i lavori di allestimento ritengono utile per motivi di sicurezza delle tele e per non causare graffi nella nuova teca, di applicare un listello ligneo perimetrale di rifilo sul dipinto. Si preparano a misura, patinandole a mordente, le stecche di rifilo in legno (cm 5x1 di spessore) per la opportuna protezione dei bordi che vengono anche trattate, come il telaio, a Per-xii antitarlo e che vengono applicate al bordo esterno del telaio con viti bronzate autofilettanti. Il lavoro all'interno del Museo, fino alla definitiva collocazione e fissaggio del dipinto, assieme all'altra tela gemella con la Lamentazione, nell'apposita teca loro dedicata, termina il 30 settembre 2015.
- Ente responsabile: Opera di Santa Maria del Fiore
- Nome operatore: Ditta di restauro Studio Granchi di Giacomo Granchi
- Ente finanziatore: Opera di Santa Maria del Fiore
- Data: 23 settembre-8 ottobre 2021
- Situazione: Consolidamento sollevamenti
- Ente responsabile: Opera di Santa Maria del Fiore
- Nome operatore: Ditta Granchi