Descrizione
Il sarcofago è in marmo, di forma quadrngolare. La fronte è scolpita con un proscenio architettonico composto da due due edicolette laterali ad arco ribassaro su paraste e da un portale a due ante timpanato al centro. Nelle due edicole stanno i due coniugi: lei, a sinistra di chi guarda, velata, con ai piedi gli attributi del pavone e del fiore; lui, a destra, togato calvo e anziano, con ai piedi il figlio e un insieme di rotoli su uno scrigno; sugli archi che li concludono stanno figure zoomorfe. Al centro, il portale è compreso tra due Vittorie; nel timpano è un'aquila, al di sopra due genietti. Da una delle due ante del portone centrale, raffigurante l'acceso all'Ade, socchiuso, fa capolino Mercurio. Ai lati sono presenti, a mo' di guardiani, due mostri Karibu: corpo di leone, ali di aquila e corna di caprone.
Notizie storico critiche
Il sarcofago è opera di arte romana del III secolo: si tratta di uno di quei sepolcri, che caratterizzavano l'area cimiteriale detta "del Paradiso", ovvero tra l'antica Santa Reparata e il Battistero di Firenze. Si tratta forse di uno di quelli citati dal Boccaccio nel suo Decameron, alla novella nona della sesta giornata. Questo sarcofago, assieme ad altri, fu quindi posto all'interno della cattedrale, quindi montato su menosoloni sulla facciata della Compagnia dei Laudesi, e poi di qui fu mandato nel XIX secolo a Palazzo Medici Riccardi, dove, assieme ai compagni, era conservato nel cortile del primo piano. Dopo un secolo fu posto a lato della Porta Sud, e da qui rimosso dopo l'alluvione del 1966 e quindi conservato nei depositi in attesa di restauro. Dal 2015 è esposto nel Nuovo Museo dell'Opera di Santa Maria del Fiore.
Relazione iconografico religiosa
L'iconografia antica vedeva rappresentata la porta dell'inferno, come il frontale monumentale di un edificio, una "casa dei defunti", a custodia della quale stanno, ai lati, due grifi, mentre al centro è Mercurio, "psicopompo" cioè conduttore delle anime, che sembra accogliere i due coniugi nell'al di là, all'interno del portale dischiuso. Essi hanno per attributi due Vittorie e alcuni elementi che ne dicono la professione: l'uomo, togato, era un intellettuale, come suggerisce la pila di rotoli ai suoi piedi. Intorno al XIII secolo il sarcofago divenne sepoltura per qualche notabile fiorentino: l'iconografia antica perse allora il suo originale significato, e il sarcofago assunse il senso di oggetto di nobile vetustità, celebrativo del rango del suo possessore. I materiali di spolio dall'antichità classica nel medioevo cristiano hanno questo valore di celebrazione sia individuale (per accostamento alla grandezza degli antichi), che collettivo, come lode ai natali antichi e "nobili" della città/patria.