Descrizione
La prima vetrata a destra della facciata, con arco a sesto acuto, presenta in alto san Miniato e santa Reparata. Il santo vescovo indossa un manto rosso con banda azzurra chiuso da una fibula col giglio di Firenze, tiene il pastorale nella mano destra ed un libro nella sinistra; la santa, in veste rossa e manto azzurro decorato da fiori gialli a losanga, sorregge con una mano un lembo del mantello e con l' altra una lunga asta dal puntale gigliato. Al centro compaiono i due giovani santi diacono Eugenio e Crescenzio, entrambi in veste rossa, manto verde con ampi galloni gialli ed un libro in mano. Nella zona inferiore della vetrata sono rappresentati a sinistra un santo con ampio mantello azzurro bordato di rosso sopra la veste marrone, che sostiene una croce astile: forse San Bernardo degli Uberti); a destra è santa Caterina d'Alessandria in manto rosso con banda azzurra e veste verde, reggente un libro. I sei personaggi, tutti in pose severamente frontali, sono posti su basamenti poligonali entro alti e complessi tabernacoli con archetti polilobati, timpani decorati da un rosone e cupolette cuspidate sorretti da colonnine tortili. I due gruppi verticali dei santi sono delimitati da uguali bordure con fiori gigliati bianchi, rossi e blu su fondo rosso culminanti in archi acuti trilobati sopra i quali è posto alla sommità della vetrata, un rosone a stella giallo e azzurro; al margine esterno compare una semplice bordura gialla.
Notizie storico critiche
A seguito della modifica del progetto arnolfiano furono accecate le otto finestre già presenti nel corpo basilicale e furono aperte quattro finestre monofore – due per ogni navata laterale – per le quali fornì i disegni Agnolo Gaddi. L’impresa avrebbe dovuto avere inizio nel 1388, con l’affidamento delle due vetrate del terzo e quarto vallo della navata meridionale al vallombrosano Leonardo di Simone, con un primo contratto del 1388; ma solo dopo il rinnovamento del contratto, il 5 giugno 1394, il frate vetraio si decise a dar principio all’opera. In data 6 agosto si precisa che egli dovesse fare sei figure di santi “in tabernacolis” per ogni finestra, “cum coloribus et modo et forma”, con l’obbligo di completare almeno una vetrata entro la fine dell’anno: ed infatti il 22 dicembre risulta compiuta la prima vetrata delle navi (la seconda del fianco destro). Si trattava sicuramente della seconda vetrata del fianco destro (l’opera in esame), l’unica tuttora datata (1394) e firmata per esteso “Leonardo di Simone”; l’altra vetrata commissionatagli nella medesima allogazione, la prima di destra, era infatti terminata solo nell’agosto del 1395. Nel febbraio e marzo del 1395 si stanziavano pagamenti a Mariotto di Nardo per la pittura dello squarcio. Piccoli lavori di restauro sono documentati fin dagli inizi del 1400; tra il 1418 ed il 1429 Francesco di Giovanni e Bernardo di Francesco risarcirono le “finestre di chiesa ch’erano rotte” e nel 1438 Angiolo di Lippo si occupò espressivamente della vetrata in esame. Le quattro vetrate delle navi sono state oggetto di scarsa attenzione da parte della critica che, in genere, si è limitata ad un breve giudizio complessivo su di esso. Fu il Poggi, nel 1909, il primo studioso ad occuparsi separatamente di tutte le vetrate della cattedrale fiorentina con la pubblicazione dei documenti ad esse relativi da lui accuratamente ordinati e riassunti in brevi commenti su ogni singola opera. Tuttavia l’autore non precisa a quale delle due finestre di mezzogiorno si riferiscono i documenti citati, dimostrando quindi di ignorare l’iscrizione con la firma di Leonardo di Simone e la data 1394 attualmente leggibile in questa vetrata. Il Crispolti i limita a riprendere il Poggi, aggiungendo solo un giudizio negativo sulla disposizione delle tinte. Abbastanza negativo il breve e sommario giudizio del Toesca (che ripete l’erronea attribuzione di questa vetrata ad Antonio da Pisa): i disegni di Agnolo forse non furono ben tradotti dai maestri vetrai che “sparsero sulle figure fiorami e ornati così vivi di colori e tanto monotoni che tutto ne riesce confuso”. Un riepilogo dei problemi attributivi ed una nuova ed attenta lettura delle iscrizioni si devono a Marchini: la firma Leonardo di Simone e la data 1394 ancora leggibile nella vetrata confutano l’opinione la Van Straelen e del Toesca e provano l’esattezza dei riferimenti documentari pubblicati dal Poggi che già riteneva Leonardo esecutore di entrambe le vetrate meridionali. Lo studioso rileva inoltre l’evidenza del disegno agnolesco “accuratissimo e fine” e la comparsa, per la prima volta in vetrate italiane, degli alti e complessi baldacchini, “già d’uso corrente nelle vetrate nordiche e nella pittura coeva d’affresco nostrano”, ideati da Agnolo Gaddi.
Relazione iconografico religiosa
Nel terzo e quarto valico delle navate sono presenti quattro finestre monofore – due per ogni navata laterale. Ogni finestra delle navate è divisa lungo la mezzeria come in due ante, e ciascuna anta in tre settori, per un totale di sei scomparti: all’interno di essi sono raffigurati sei santi, entro tempietti a tabernacolo.
Nella presente vetrata sono raffigurati Santa Reparata, San Miniato e santi.
Reparata fu vergine martire di Cesarea, morta, secondo la tradizione, durante la persecuzione voluta dall’imperatore romano Decio, nel III secolo. Il Duomo di Firenze rimase dedicato a lei fino al 1298. Figura in alcuni dipinti fiorentini antichi il cui soggetto è la Madonna col Bambino e santi, ove regge la palma del suo martirio e un libro. Può reggere anche il vessillo della Resurrezione. Suo particolare attributo è la colomba che le esce dalla bocca o le sorvola il capo, in base alla leggenda secondo cui quando morì si vide volar via il suo spirito in forma di colomba.
Miniato fu un principe armeno, arruolatosi nell’esercito romano, e sottoposto a tortura e infine martirizzato per la sua fede cristiana: fu decapitato a Firenze nel 250, per ordine dell’imperatore Decio. La leggenda vuole che Miniato, raccolta la sua testa recisa, la portasse al di là dell’Arno, sul colle ove poi fu eretta la chiesa fiorentina a lui dedicata. L’effige del santo è particolarmente diffusa nella pittura medievale fiorentina: suoi attributi sono la corona che porta in testa, la spada che lo decapitò e la palma del martirio.