Descrizione
Nella parte superiore della vetrata (la seconda da destra, in alto, nella Tribuna della Croce) con arco a sesto acuto, sono raffigurati due personaggi dell' Antico Testamento (Ioanns e Ioseph, secondo le iscrizioni sottostanti) entrambe in piedi, a figura intera e lievemente rivolti verso il centro. Il profeta a sinistra (con copricapo verde a tronco di cono) indossa un manto azzurro (decorato da fiori trilobati verdi e gialli) sopra la veste rossa; stringe un cartiglio nella mano destra ed ha l' altra sollevata nel consueto atteggiamento oratorio. Il profeta a fianco (con turbante rosso) indossa un ampio mantello rosso con fiori quadrilobati bianchi e azzurri sopra la veste verde e tiene un cartiglio con entrambe le mani. Lo sfondo azzurro è delimitato in alto da un archetto ogivale che segue la forma della vetrata. Nella zona inferiore compaiono altri due personaggi veterotestamentari, anch' essi a figura intera e rivolti verso il centro; il primo ha in mano un vaso e porta un corto mantello giallo foderato di rosso (con fiori trilobati azzurri e rossi) sopra la veste verde e le calze rosse; il personaggio a fianco indossa un mantello verde decorato a fiori gialli e azzurri sopra la veste e le brache azzurre; ha la testa cinta da una fascia rossa, stringe un cartiglio nella mano destra e con l' altra trattiene sul petto i lembi del manto. Le due figure sono collocate in un interno chiuso sul fondo da una bifora con archi a sesto acuto. La bordura che delimita l' intera composizione è ornata da un motivo vegeto floreale policromo su fondo rosso. La grisaglia è data con sfumature.
Notizie storico critiche
La vetrata fu commissionata a Bernardo di Francesco il 22 aprile 1439 assieme a quelle sopra le cappelle di S. Stefano, S. Tommaso e S. Martino; il 23 settembre 1441 si pagavano lire sedici allo stesso maestro vetraio per il disegno di questa e della vetrata a fianco sopra la cappella di S. Andrea. La finestra era compiuta e messa a posto il 21 ottobre 1441. L’opera in esame, al pari di quasi tutte le altre vetrate delle tribune, è stata oggetto di scarsa attenzione da parte della critica che in genere si è limitata ad un breve giudizio complessivo su di esse. Fu il Poggi, nel 1909, il primo studioso ad occuparsi separatamente di tutte le vetrate della cattedrale fiorentina con la pubblicazione dei documenti ad esse relativi, da lui ordinati e riassunti poi in brevi commenti su ogni singola opera; nel brano relativo a questa vetrata egli ipotizza un intervento del Ghiberti; questo documento, però, dopo aver registrato il pagamento a Bernardo di Francesco del disegno per le finestre sopra le cappelle di S. Andrea e S. Bartolomeo, riferisce solo che il Ghiberti venne pagato con 16 lire per il disegno della vetrata nella cappella di S. Pietro. Un’analisi più approfondita che tenesse conto dei dati stilistici e tecnici, come pure delle personalità dei diversi maestri vetrai, fu tentata nel 1938 dalla Van Straelen. In particolare, riguardo alla vetrata in esame, la studiosa ritiene probabile che Bernardo di Francesco avesse lavorato su un disegno proprio, come nelle due finestre vicine, anche se è possibile che le figure in alto a sinistra si ricolleghino ad un disegno del Ghiberti.
Relazione iconografico religiosa
Le quindici vetrate delle tribune, ciascuna corrispondente all’arcone di una cappella, sono compartite in quattro campi figurati, ospitanti personaggi dell’Antico Testamento che sono in genere identificati come Profeti.
Nella presente vetrata sono raffigurati Giuseppe, Giovanni.
Giuseppe è stato il primo figlio di Giacobbe e Rachele. I suoi molti fratelli, maggiori di lui, erano in realtà suoi fratellastri, essendo figli di Lia, l’altra moglie di Giacobbe, o di ancelle. Gli episodi della sua storia avventurosa sono sempre stati presenti nell’iconografia cristiana a partire dal VI secolo, soprattutto come soggetto di cicli pittorici narrativi. Per la Chiesa medievale la vita di Giuseppe prefigurava quella di Cristo e a ciò si deve la sua importanza nell’arte religiosa.
Precursore o nunzio di Cristo, Giovanni costituisce la connessione tra l’Antico e il Nuovo Testamento, essendo considerato l’ultimo dei profeti dell’Antico Testamento e il primo santo del Nuovo (nel quale è narrata la sua storia). Era figlio di Zaccaria, un sacerdote del tempio di Gerusalemme, e di Elisabetta, cugina della Vergine Maria. Si dedicò alla predicazione conducendo una vita ascetica nel deserto e battezzando nelle acque del Giordano coloro che venivano a lui pentendosi dei propri peccati. Mentre battezzava Cristo, lo Spirito Santo fu visto scendere dal cielo in forma di colomba. Venne fatto imprigionare da Erode Antipa, figlio di Erode il Grande; fu poi decapitato a causa di una promessa fatta impulsivamente dal tetrarca alla figliastra Salomé. Giovanni è rappresentato in due forme: come bambino (San Giovannino) insieme con la Vergine e il Bambino Gesù. Si tratta di un tema che non trova riscontro nelle Scritture e che fa la sua prima comparsa in Italia nel Rinascimento: il santo è appena più grandicello di Gesù ed è spesso contraddistinto dalla croce fatta di verghe o canne; come adulto, per lo più emaciato e in aspetto d’eremita, vestito di pelli animali e con una cintola di cuoio. Talora regge un favo di miele che, insieme con le locuste, costituiva il suo cibo nel deserto (Marco, 1, 6). Un altro suo attributo è l’agnello, che nell’iconografia più antica ha sopra la testa un nimbo cruciforme. L’agnello e l’iscrizione «Ecce Agnus Dei», che spesso accompagna Giovanni, sono tratti dal quarto Vangelo (1, 36): «[Giovanni] fissando lo sguardo su Gesù che passava disse: Ecco l’Agnello di Dio!».