Descrizione
La scultura è un alto rilievo in marmo bianco di carrara, lasciata allo stato di abbozzo nella parte tergale. Esso effigia una figura di Apostolo, probabilmente Andrea, grande due terzi del naturale, di età avanzata, ammantato in una tunica, con lunghi capelli e barba, colto di profilo mentre si volta e si china verso la propria sinistra. La figura manca del naso e dell'avambraccio sinistro: quest'ultimo è frutto di una reintegrazione antica che ne ha mutato la posizione originaria. Anche i piedi sono stati rifatti (solo il tallone destro è originale), e un tempo dovevano prevedere forse dei calzari di moda trecentesca: il destro è stato rifatto e riscalpellato, il sinistro , sollevato, è una sostituzione antica dell'orginale, che era probabilmente allineato all'altro
Notizie storico critiche
La critica è unanime nell'attribuire l'opera ad Arnolfo di Cambio e nello stabilirne la provenienza dai gruppi statuari dell'antica facciata della cattedrale. Fu Piera Bettini, su segnalazione di Giuseppe Poggi a riconoscerla nella collezione del marchese Folco Portinari (da cui il nome convenzionale di "Apostolo Torrigiani"), il quale la conservava in uno spazio interno della sua dimora in via del Campuccio, entro una nicchia lungo una scala, cinta ai lati dai due angeli di Tino di Camaino (provenienti dalla tomba del vescovo Orso in Santa Maria del Fiore e anch'essi ritornati oggi nelle collezioni dell'Opera del Duomo). Al tempo si credeva che la figura rappresentasse san Pietro Apostolo, e quando Bettini la scoprì essa era stata messa al riparo da poco, dopo che per molti decenni era stata quasi certamente conservata all'esterno, nel grande giardino dei marchesi. Lo riproverebbero le molte iscrizioni ritrovate: nomi e date poste a ricordo di bambocciate e di antiche passeggiate romantiche. Bruna Tommasello ipotizzò che l'opera fosse stata venduta al marchese Torrigiani, quand'era sindaco di Firenze, da Stefano Bardini, che sappiamo trattò anche altri marmi arnolfiani provenienti dall'antica facciata; ma la presenza delle sudette iscrizioni sono - secondo Neri Lusanna - la prova dell'invalidità di una tale teoria: Bardini usava infatti ripulire le proprie opere prima di rivenderle. Neri Lusanna ha proposto quindi come più attendibile la tradizione che vorrebbe la scultura conservata nel "Romitorio del Salvatore" dello stesso giardino Torrigiani, già dal 1824, benché la data più antica ritrovata tra le iscrizioni è del luglio 1872. Ciononostante, Gabriele Fattorini ha suggerito l'ipotesi di poter leggere "Bardini" lungo il drappeggio posteriore: la questione resta aperta. Passata int empi recenti in collezione privata la scultura è stata quindi acquistata nel 2015 dal Nuovo Museo dell'Opera di Santa Maria del Fiore, ed è stata collocata coerentemente nel gruppo della Dormitio Virginis, seguendo le ipotesi ricostruttive della professoressa Neri, a seguito di un restauro curato da Marcello del Colle sotto la supervisione di Mirella Branca
Relazione iconografico religiosa
La figura di anziano barbato e con lugnhi capelli fluenti,ammantato è identificabile con quella di un apostolo facente parte del coro al gruppo dei dolenti nella Dormitio Virginis. Essa manca però di attributi iconografici specifici e ha subito nel tempo alcune trasformazioni (il braccio al petto, i piedi, un tempo in calzari medievali e ora "all'antica") che ne rendono ancora più complessa la lettura. La posizione nel gruppo, così prominente, unitamente all'età avanzata e alla lunga barba, hanno fato pensare a un san Pietro, ma l'iconografia del principe della Chiesa, come osservato da Fattorini, prevede una capigliatura più corta; se ne deduce che esso rappresenti allora suo fratello, Andrea, secondo una gerarchia degli apostoli disposti attorno al corpo di Maria, che si ritrova ad esempio nel Cavallini di Santa Maria Maggiore a Roma, dove i due apostoli, Andrea e Simon Pietro sono ai lati del catafalco, uno a sinistra e l'altro a destra di chi ossserva, e Andrea ha il medesimo aspetto del nostro arnolfiano. Ancora Fattorini ha proposto, per i tratti fisiognomici dell'apostolo, convincenti confronti con alcune figure del Giotto/Maestro d'Isacco di Assisi, nonché, per quanto concerne l'iconografia e la composizione della fgura all'interno del gruppo della Dormitio, ormai ridotto a un puzzle di lacerti, una sorprendente affinità con la Dormitio Virginis di Giotto, oggi a Berlino: anche qui l'animula di Maria è portata al centro in cielo dal Cristo, mentre intorno stanno reclinati e piangenti gli apostoli, alcuni dei quali in tutto simili nell'aspetto all'apostolo Torrigiani. In questo contrarsi della figura, nel suo corrugare la fronte, a esprimere per moti ed espressioni i movimenti del cuore addolorrto del profeta, si ritrova il testamento preumanista di Arnolfo, che alla monumentale fermezza dei suoi giganti di marmo, conferisce un'umanità fragile, che travalica la loro perfezione spirituale di santi. Questo apostolo davvero soffre davanti al mistero della morte, e come per mancanza di fede, lui e i suoi compagni superstiti non sembrano accorgersi dell'immagine di speranza eterna del Cristo disceso a prendere l'anima bambina di sua Madre