Descrizione
Monumento funebre in marmo bianco e marmo rosso, composto di una targa e di un busto ritratto entro edicola. Il defunto è raffigurato in abiti diaconali, con tunica e berretto, che guarda verso la propria destra, in alto e intanto con le mani tiene un grande tomo chiuso. Il volto è affilato e sbarbato, con rughe taglienti e incise e volto allungato e spigoloso con naso pronunciato e labbra sottili; l’espressione è estatica. La nicchia entro cui è collocato è in marmo rosso con venature bianche, centinata e con una valva di conchiglia rovesciata. La cornice prosegue nella mostra esterna, segnata da due borchie. L’edicola ha un frontone triangolare e poggia su una cornice aggettante, al di sotto della quale è la targa con l’epitaffio, rettangolare, con capitali incise e campite.
Notizie storico critiche
Marsilio Ficino (Figline Valdarno, 20 ottobre 1433 – Careggi, 1º ottobre 1499) è stato un sacerdote canonico della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, filosofo neoplatonico, traduttore di Platone e fondatore del circolo filosofico della villa medicea di Careggi, detto Accademia Platonica, patrocinata da Lorenzo il Magnifico. Alla morte, nel 1499, il Ficino fu sepolto in Cattedrale, ma a causa della Damnatio Memoriae che colpì la famiglia Medici alla cacciata di Pietro il fatuo, fu impossibile realizzare un monumento “pubblico” del Ficino a causa del legame che egli ebbe con quella famiglia. Solo vent’anni dopo, nel 1520, in concomitanza con la reggenza del cardinale Giulio dei Medici, nipote del Magnifico, e con il suo placuit, l’Opera decretò la realizzazione del monumento (documento del 15 febbraio 1520), per la cui realizzazione formò un’apposita commissione di quattro persone: R. D. Adriano Torrigiani, D. Ludovico Arciprete, D. Giuliano Ricasoli e D. Giovanni Vespucci. Dell’opera fu incaricato Andrea Ferrucci da Fiesole, (documento del 21 giugno 1521), già autore del Sant’Andrea per la Cattedrale (Tribuna della Croce). Il 15 marzo dell’anno successivo il monumento veniva collocato nel luogo prestabilito.
L’opera viene ricordata da molte fonti antiche, a partire dal Vasari, e rimane un punto cardine per la ricostruzione dell’opera di Andrea Ferrucci. Nel 2002, nella sua monografia il Naldi notò da un punto di vista stilistico alcuni accorgimenti di correzioni prospettiche nelle proporzioni del busto e l'attenzione a rimarcare alcuni tratti del volto per renderli visibili dal basso.
Relazione iconografico religiosa
Il busto fu realizzato in chiave celebrativa non solo del grande filosofo e canonico della Cattedrale ma anche della famiglia Medici che ne fu mecenate per decenni. Il monumento si inserisce nella serie dei monumenti funebri con i busti ritratto dei grandi fiorentini che ornano le navate del corpo basilicale di Santa Maria del Fiore a farne un pantheon del genio fiorentino.
La forma però, con l’edicola e la nicchia con la valva di conchiglia, si differenzia dai monumenti del Quattrocento (che saranno ripresi nell’Ottocento), con il busto ritratto del defunto collocato entro clipeo. L’invenzione è molto raffinata: il filosofo e sacerdote tiene un tomo che è forse un riferimento alla sua opera - testi propri o di traduzione e commento - o forse è la bibbia, e guarda con espressione estatica (occhi aperti, volto sereno, labbra appena dischiuse) la luce che proviene dalle finestre del tamburo. La componente luminosa partecipa all’opera e trascende in un’immagine del Divino cui l’anima del Ficino anela e la cui mente ne viene ispirata e "illuminata". La luce, non a caso, era per la dottrina platonico cristiana l'immagine per eccellenza della verità trascendente ricercata dal filosofo e oggetto della fede del credente.