Descrizione
Dipinto a tempera e oro su tela di formato rettangolare orizzontale, raffigurante su un fondo blu scuro una tribuna rettangolare, marmorea, con quattro colonne corinzie scanalate poste agli angoli di una base con zoccolatura modanata e ornata da iscrizioni incise e sostenenti una copertura piana con fronte ornata a dentelli. Il lato frontale è compreso tra due stipiti. All’interno è raffigurato san Pietro in piedi, colto appena dal sotto in sù. L’apostolo è raffigurato come un uomo in età avanzata, con la testa cinta da un’aureola dorata, il volto con i lineamenti squadrati, connotati da una capelli e da una barba corti, ricci e grigi. Lo sguardo è rivolto con fiera speranza verso l’alto, alla sua sinistra; il corpo è possente, ed è rivestito da da una tunica blu, tenuta in vita da una cinta d’oro, sopra la quale è un manto dorato con fodera arancio. Nella mano destra tiene una grande chiave dorata, nell'altra, appoggiato al fianco, un libro con pagine dorate. I piedi, che appena emergono dalla veste, sono nudi.
Notizie storico critiche
Il dipinto fu realizzato da Arturo Viligiardi nel 1906 per sostituire, coprendone i lacerti, un affresco di medesimo soggetto e invenzione, che Bicci di Lorenzo aveva eseguito nel febbraio del 1436. Questo antico affresco era parte di un ciclo raffigurante i dodici apostoli, che si estendeva alle cappelle radiali delle tribune e che fu eseguito in previsione della consacrazione della cattedrale da parte di papa Eugenio IV, nel significato di dare rappresentazione solenne alle tradizionali dodici croci di consacrazione. Queste pitture furono eseguite in breve tempo e furono affidate ai pittori Bicci di Lorenzo, Giovanni di Marco, Lippi d’Andrea e Rossello di Jacopo. Nel 1589, in occasione dello smantellamento dell'antica facciata medievale e di un complessivo primo riordino degli interni della Cattedrale in previsione delle nozze granducali gli affreschi di questa tribuna furono coperti dalle sculture dei quattro evangelisti di Donatello, Nanni di Banco, Niccolò Lamberti e Ciuffagni, che erano stati appena rimossi dalle nicchie ai lati del portale centrale. Quando, nel 1904, queste sculture furono rimosse per essere portate nel Museo si ritrovarono i lacerti degli affreschi quattrocenteschi e si decise per un intervento di restaurarli con integrazioni pittoriche. Ma alla richiesta dell’Opera, “la Commissione centrale per i monumenti e le opere di antichità e di Arte, disponeva che i medesimi fossero lasciati intatti e senza veruna aggiunta. Allo scopo di rendere pago il desiderio dell’Autorità Ecclesiastica, veniva approvato che dei dipinti in parola fosse fatta a tempera su tela, copia dei medesimi, completandoli nella parte architettonica sulla scorta di pitture sincrone. Di poi tali tele vennero appese alle pareti delle citate cappelle, in modo che all’occorrenza possano i frammenti in parola essere visitati”. Per l'esecuzione dei dipinti allora, raffiguranti i santi Paolo, Pietro, Giovanni evangelista e Jacopo con Filippo, si scelse Arturo Viligiardi, già autore dei cartoni per i mosaici di tre storie del Battistero di San Giovanni che si erano rovinati. Il Viligiardi non realizzò però delle opere in stile quattrocentesco e scelse di eseguire le quattro tele riprendendo l’invenzione e gli attributi iconografici visibili nei lacerti delle pitture antiche sottostanti, ma reinterpretandole secondo la maniera dell’accademia purista senese di fine XIX-inizio XX secolo.
Relazione iconografico religiosa
L’invenzione del santo posto all’interno di una loggia aperta posta in prospettiva risale al Quattrocento, e vi si intuisce il gusto classico antiquariale e anche il purismo geometrico del Brunelleschi. San Pietro è rappresentato secondo la tradizione iconografica: un uomo anziano (come era al momento del martirio nel 69 ca.), con barba e capelli ricci grigi e il volto segnato da rughe, ma con volto fiero e corporatura possente, a esprimere l’eroismo dell’apostolato e del martirio. La veste azzurra e dorata ne dicono la regalità in quanto principe della Chiesa e primo vescovo di Roma. Il libro con le pagine dorate simboleggia insieme la Dottrina della Chiesa in senso lato o il Vangelo, sia come Verbo, che specificatamente in riferimento agli Atti degli Apostoli e alle due Lettere del santo. Le chiavi sono quelle del Regno del Cielo secondo il passo evangelico (Matteo 16:9): “Io ti darò le chiavi del Regno dei cieli, e qualunque cosa legherai sulla terra sarà già stata legata nei cieli, e qualunque cosa scioglierai sulla terra sarà già stata sciolta nei cieli”, sono quindi il simbolo dell'autorità dei successori di Pietro, e ricorrono pertanto nell’araldica pontificia. La figura di Pietro, ( in questa cappella privilegiata, perché nella tribuna centrale posta, di fianco alla cappella principale), sta a testimoniare e rappresentare la presenza dell'autorità della Chiesa di Roma.