Descrizione
Sulla base poggiano tre leoni accovacciati, e su di essi si trova il sarcofago a cassa quadrangolare, recante nel fronte un bassorilievo con il Giudizio particolare del defunto, nella forma della “Commendatio animae”. Antonio D’Orso è al centro, genuflesso di fronte Cristo, che gli sta davanti, in trono, come giudice. Il presule gli porge infatti un rotolo, ovvero il “Libro della vita”, su cui sono elencate le sue azioni volte al bene o al male. Lo introduce come avvocata, stando alle sue spalle, la Vergine. Dietro di Lei si vedono le pie donne, mentre dietro Cristo si riconoscono san Pietro con le chiavi e san Paolo con la spada, ovvero i principi della Chiesa di cui il vescovo era pastore; il Battista orante, protettore di Firenze, dove D’Orso occupò la cattedra vescovile; e sul fondo una quarta figura di santo barbato. Le due estremità sono chiuse da due terne di angeli, mentre nei lati si trovano due genietti funerari piangenti e reggenti lo stemma della famiglia D’Orso.
Questi stemmi sono riecheggiati da due altri stemmi murati a parete: a destra quello Caetani, per riferimento a papa Bonifacio VIII, nel cui pontificato D’Orso divenne vescovo, e a sinistra quello di Clemente V, al secolo Bertrand de Gout, nel cui tempo Antonio D’Orso condusse gran parte del suo ufficio pastorale.
Notizie storico critiche
Antonio D'Orso, vescovo di Firenze dal 1301 alla sua morte, avvenuta nel 1320, fu sepolto nel sarcofago il 18 luglio 1321 e il monumento sepolcrale dovette essere stato compiuto intorno al 1322. Nella sua forma attuale è un assemblaggio ipotetico delle parti superstiti, cui si devono aggiungere gli angeli reggi-cortina, ora nel Museo. Del monumento sono state tentate varie ricostruzioni - Valentiner (1935), Dan (1977), Kreytenberg (1978, 1986), Tripps (1997), Barbavara (2001), Freni (2009) e Baldelli (2007, 2015) – ma è opinione quasi unanime che un tempo fosse presente una struttura a baldacchino che doveva racchiudere il sarcofago. Nel 1842 l’architetto Baccani lo ricollocò sopra la porta della Mandorla, nella quarta campata della navata sinistra e solo nel 1903, l’architetto Castellucci, ritrovata l'iscrizione di Tino di Camaino in controfacciata, lo riposizionò nella sua posizione originaria.
Relazione iconografico religiosa
Il programma iconografico fu probabilmente concepito da Francesco da Barberino, notaio, poeta ed esecutore testamentario del vescovo D'Orso. L'invenzione, assai singolare, del ritratto del defunto seduto, piuttosto che giacente, è innovativa: rimanda all’uso di esporre in cattedrale il corpo dei presuli defunti e richiama forse anche la tradizione secondo cui il vescovo sarebbe spirato durante la celebrazione di un pontificale. Ma su un piano teologico, la figura del defunto che si abbandona al sonno ha un significato legato alla speranza nella resurrezione, per rimando alle parole di Cristo all’episodio evangelico della resurrezione della figlia di Giairo (Marco 5:21-43): "Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme". Le braccia conserte e l’espressione serena del vescovo, prossimo a perdere coscienza, sembrano alludere alla sua fede nella salvezza dell’anima, cioè al suo Giudizio particolare che è raffigurato nel sarcofago; e oltre: all’attesa escatologica, cioè al Giudizio Finale, alla resurrezione del corpo e alla vittoria sulla morte, la cui personificazione come arciere trifronte è presente nella mensola.