Descrizione
Formella rettangolare orizzontale, in argento lavorato a sbalzo, cesellato, bulinato, con parti smaltate, raffigurante san Giovanni battista che nega di essere il Cristo. La scena è organizzata in due sezioni, impostate sull’asse mediano segnato dalla figura di san Giovanni Battista che, eretto su una roccia, in pelle di cammello e mantello, si rivolge con espressione dura verso un gruppo di persone alla propria sinistra accompagnandosi con un gesto del braccio corrispondente, mentre, nella destra, abbassata tiene un piatto per l’aspersnione di un battezzando genuflesso sotto. Su questo lato, in basso, scorre un rivolo d’acqua del Giordano. Ai lati, su un piano inferiore, stanno due gruppi di figure: a destra anziani in abiti all’antica, di cui alcuni sacerdotali e, a sinistra, giovani neofiti in abiti del XV secolo in fila, dei quali una ragazza seminuda che, genuflessa e a mani giunte, riceve l’acqua del battesimo dal Battista. Il paesaggio riecheggia la composizione incorniciandola: picchi pietrosi con alberi e animaletti si avvallano verso il centro.
Notizie storico critiche
L’antependio fu probabilmente concepito in origine per diventare un vero e proprio altare e solo in un secondo momento, (forse a causa delle ingenti spese per la creazione delle porte in bronzo dorato del Battistero), nel corso della sua realizzazione fu deciso di mantenerne la funzione di “antependium” rimovibile. Esso veniva esposto in Battistero in occasione della festa di San Giovanni Battista, il 24 giugno, e per la Festa del Perdono, il 13 di gennaio: veniva allora prelevato da un armadio di legno, appositamente realizzato e collocato nella sede dell’Opera del Battistero, per essere montato sul lato frontale dell'altare maggiore del tempio. Successivamente, nel XV secolo, entrò l’uso di collocarlo sopra l’antico fonte battesimale (demolito nel 1571), su un piano di assi di legno.
L'”altare” fu voluto dall’Arte di Calimala, sovrintendente del tempio, e - come testimoniato dall’iscrizione sulla base - la sua creazione fu avviata nel 1367. Il programma iconografico è ricco, complesso e unitario e dovette esser stato ideato fin dal principio, benché poi la lavorazione delle formelle si sia prolungata per più di un secolo. I maestri cui furono affidate le prime porzioni furono Leonardo di Ser Giovanni, Betto di Geri e Michele di Monte cui, nel 1387, si aggiunse anche Cristofano di Paolo. A Leonardo si possono attribuire le formelle con San Giovanni che predica davanti ad Erode e quella con San Giovanni in Carcere, per confronto stilistico con quelle di sua mano nell’altare di San Jacopo a Pistoia. Nelle formelle con San Giovanni che indica Cristo ai discepoli e con I discepoli di Giovanni che chiedono a Gesù se sia lui il Messia la critica recente ha riconosciuto la mano di un altro artista, pur se stilisticamente affine a Leonardo di Ser Giovanni. Ancora differenti, e più statiche, appaiono le formelle rimanenti: difficile comprendere in quest’insieme il ruolo dei diversi maestri di cui si ha notizia.
L’antependio fu utilizzato come arredo liturgico probabilmente già alla fine del Trecento in forma incompiuta, cioè mancante dei due lati e della parte centrale con la nicchia ospitante la statua del santo. Queste parti erano sostituite da provvisorie lamine di argento con un disegno di mattonato a graffito. Abbandonata l’idea di creare un vero e proprio altare si procedette parallelamente alla creazione del telaio ligneo.
La critica moderna ha potuto ricostruire i nomi dei maestri che lavorarono all’altare, le spese e le fasi di realizzazione grazie ai documenti di archivio, in particolare gli spogli strozziani - ora Archivio di Stato di Firenze - (vista la perdita degli originali dell’archivio del Battistero); ma fino al secolo scorso la critica è stata ingannata dall’attribuzione data da Vasari nelle sue Vite della parte più antica dell’”altare” a un altrimenti ignoto “maestro Cione”. Benché il Richa nel 1757 e il Gori nel 1759 avessero ritrovato nei documenti dello Strozzi i nomi dei veri autori delle parti del Trecento, le loro notizie furono ignorate da molti autori successivi, che proseguirono nel tramandare l'errore vasariano per tutto il XIX secolo. Solo nel Novecento furono prima attribuite con una certa sicurezza le formelle di Leonardo di Ser Giovanni, per confronto stilistico con le sue nell’altare di San Jacopo a Pistoia. Per gli studi recenti sono fondamentali quelli di Giulia Brunetti nel Catalogo del Museo dell’Opera del Duomo (1969), e poi, soprattutto, i numerosi studi di Liscia Bemporad, fino al volume del 2018 edito in occasione del grande ultimo restauro effettuato nel 2006-2012. L’altare fu dismesso dalla sua funzione per essere collocato nel nuovo museo dell’Opera del Duomo di Firenze nel 1892 e fu allora allora restaurato. In quest’occasione furono probabilmente invertite questa formella con quella con San Giovanni davanti ad Erode;la scelta di ricomporle in quest’ordine è stata fatta seguendo la cronologia del racconto e perché si è trovata una corrispondenza tra i rilievi e gli agganci sulla retrostante armatura lignea. Un nuovo restauro fu effettuato nel 1948, da Roberto Salvestrini e un terzo da Bruno Bearzi dopo l’alluvione del 1966.
Relazione iconografico religiosa
Il cardine iconografico delle figure che ornano l’antependio è san Giovanni Battista: Giovanni è l’ultimo dei profeti e il primo dei santi, araldo e precursore da Cristo, patrono del Battistero di Firenze e della città stessa, nella cui festa, il 24 giugno, questo capolavoro di oreficeria veniva montato ed esposto al centro del tempio.
Questa formella è la settima in ordine cronologico della vita del santo e vi è raffigurato il momento in cui il Battista, mentre sulle rive del Giordano battezza le turbe (a sinistra) riceve i sacerdoti e i leviti inviati da Gerusalemme per interrogarlo (a destra). La fonte iconografica dell’episodio è il Vangelo di Giovanni (1, 19-21): “E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: "Chi sei tu?". Egli confessò e non negò, e confessò: "Io non sono il Cristo". Allora gli chiesero: "Che cosa dunque? Sei Elia?". Rispose: "Non lo sono". "Sei tu il profeta?". Rispose: "No".”