Descrizione
Testa di uomo dalla folta capigliatura le cui ciocche ricadono anche sulla fronte, con folta barba e sopracciglia molto marcate.
Notizie storico critiche
Agli inizi del Novecento vengono rintracciate presso il museo del Bargello due teste barbute in bronzo che Corwegh (1909) suppose potessero essere quelle di cui parlano i documenti relativi alla cantoria di Donatello. In un documento del 1439 (Poggi, 1909, n. 1312) si parla infatti di una testa di bronzo per l'esecuzione della quale si forniscono a Donatello 300 libbre di bronzo e nello stesso tempo si cita la presenza di un'altra testa: "libras (?) 300 bronzi pro quadam texta quae debet fieri in perghamo per eum facto ex parte posteriori in quadam bucha sive foramine subtus dictum perghamum, prout est una alia texta". In un documento del 1446 (Poggi, 1909, n. 1315), in cui si trova la stima finale del lavoro per 896 fiorini, si parla di "duas textas factas et positas". L'ultimo documento in merito è del 9 agosto 1456 (Poggi n. 1318) in cui si riferisce della doratura delle due teste quando l'opera era già da diversi anni collocata al suo posto. Non tutta la critica ha accettato da subito la paternità donatelliana per le due teste in questione. Si registra infatti il parere contrario del Poggi mentre, a partire dal Janson (1957), la critica moderna propende per accogliere l'autografia donatelliana delle due teste ritenendo che potrebbero essere la replica di due teste classiche venute alla luce forse a Roma, dove Donatello era stato tra il 1430 e il 1432, anche se il loro significato iconografico rimane ancora misterioso e si è fatta anche l'ipotesi che una delle due teste, quella di destra, possa essere opera di Michelozzo. Esse vengono identificate con profeti, ma vengono interpretate anche come saggi o mascheroni e con valore semantico, quasi di testimonianza frammentaria di reperti dell'antichità, dalla Spina Barelli, che attribuisce loro la capacità di contribuire ad identificare il tema, espresso da Donatello nella cantoria, del contrasto tra cristianesimo e paganesimo. Tra il 2008 ed il 2013 questa testa, insieme all'altra, è stata sopttoposta a restauro presso l'Opificio delle Pietre Dure su richiesta del Museo dell'Opera del Duomo. Il restauro ha potuto stabilire, per prima cosa, che le teste sono due "originali" e non ve ne è una che è il calco dell'altra. Inoltre, è stato appurato che entrambe le teste erano state ricoperte d'oro con la tecnica dell'amalgama a mercurio ma sono state evidenziate anche tracce di doratura a foglia d'oro. Donatello, forse rendendosi conto che la loro visibilità era estremamente ridotta nella penombra della tribuna del Duomo, con l'occasione di trovarsi a lavorare nuovamente per l'Opera con la Maddalena penitente, volle procedere alla doratura delle due teste ben diciassette anni dopo la collocazione delle cantorie, così che i due volti bronzei e "pagani"potessero partecipare drammaticamente all'evento sacrificale della Messa che si svolgeva sotto di loro.
Relazione iconografico religiosa
La parte inferiore della cantoria è composta da rilievi e bronzi dipendenti in modo più o meno meditato da rilievi antichi. I putti che afferrano frutti derivano da un frammento del trono di Cerere a Ravenna; gli altri a destra con tamburelli e cimbali dal mutilato trono di Nettuno del Museo Archeologico di Milano. Le teste in bronzo, forse due varianti da prototipi classici, furono forse create per contesti diversi e poi appaiate nella cantoria. Sembra che in questa parte della cantoria Donatello ricalchi i procedimenti letterari degli umanisti fiorentini trasferendoli in scultura e che si serva di una fraseologia classica come gli umanisti si servivano di frammenti latini per arricchire i loro testi moderni. Questa zona in basso appare quasi come una collezione di frammenti e gli effetti cromatici, bianco, rosso, oro, bronzo, hanno una funzione soprattutto decorativa nel quadro generale della tematica del registro superiore che rappresenta il Paradiso cristiano. E le due teste, che siano profeti, saggi o mascheroni, certo sono soprattutto decorazioni così come lo sono anche i putti inferiori ma questo non vuol dire che non abbiano il loro valore semantico e che pertanto non mirino ad identificare il tema del contrasto tra cristianesimo e paganesimo che è il tema che domina nella cantoria derivato dal De Voluptate di Lorenzo Valla per ribadire le base dell'ortodossia cattolica ossia che l'unico vero bene è il Paradiso cristiano e che ogni altro tipo di felicità è da considerarsi incompiuta, appunto, frammentaria. Ma questo "gioco iconologico tra letteratura sacra, mitologia pagana, citazioni archeologiche" è probabilmente tutta opera di Donatello e le fonti non accennano alla collaborazione con un letterato. I testi che avrebbero potuto ispirare Donatello erano ben noti nella stretta cerchia di Cosimo ed il testo del Valla veniva discusso e commentato in quegli stessi anni. Probabilmente il silenzio sui possibili consiglieri o suggeritori di Donatello rispondeva semplicemente alle esigenze pratiche dei committenti. La cantoria donatelliana, con il fregio del registro superiore e i putti del registro inferiore, non proponeva semplicemente una variante al tema robbiano ma un'iconografia diversa che in modo volutamente allusivo faceva riferimento al contrasto tra mondo pagano e mondo cristiano che è del tutto assente nella cantoria di Luca. Se il tema donatelliano fosse stato esplicitato sarebbe stato rifiutato dai committenti per l'incongruenza rispetto al programma iconografico comune alle due cantorie e non sarebbe passato inosservato da parte della Chiesa che in quegli anni risiedeva con la corte pontificia a Firenze.