Descrizione
La grande tavola a fondo oro ha forma cuspidata e presenta nella struttura lignea decorazioni con modanature a dentelli e racemi vegetali.
Nella zona della cupide troviamo una formella quadrilobata all'interno della quale è rappresentato Cristo Benedicente. Cristo è raffigurato a busto intero in posizione frontale; la figura è caratterizzata da barba castana e capelli lunghi dello stesso colore che ricadono sulle spalle, come da tradizione; indossa un abito rosso con motivi decorativi in oro lungo lo scollo, ed un mantello blu con risvolto bianco. La mano destra è sollevata in posizione benedicente, mentre la sinistra, nascosta dal mantello, regge il libro dell'Apocalisse aperto e nelle due pagine bianche possiamo facilmente riconoscere le lettere Alfa ed Omega scritte in nero.
La scena raffigurata nella tavola è quella del Martirio di San Sebastiano. La figura del Santo, leggermente inclinata verso destra e legata mani e piedi ad un palo ligneo, è predominante nella parte superiore della rappresentazione. San Sebastiano indossa unicamente un perizoma bianco drappeggiato che sembra mosso dal vento e ha il corpo trafitto da frecce. Il volto, caratterizzato da lunghi capelli castani e da barba e baffi dello stesso colore, ha un'espressione triste e sofferente; la testa è circondata da un nimbo decorato a punzoni. In alto sulla sinistra, un angelo in volo porta al santo la corona e la palma del martirio; la figura, mostrata di profilo, ha capelli castani ed indossa un mantello dalla tonalità verde chiaro con risvolti rossi.
Nella parte bassa della composizione, in piedi su un prato verde scuro fiorito e disposti a semicerchio davanti al palo ligneo, vi sono nove personaggi. In primo piano al centro vi è una figura di spalle che assiste alla scena; ha capelli chiari e indossa calze e farsetto azzurri con lavorazioni in oro sui bordi secondo la moda del tardo Trecento (come del resto anche gli altri personaggi). Ha una cintura nera legata in vita; la mano destra è appoggiata sull'elsa di una spada mentre la sinistra è appoggiata in vita. La prima figura alla sua sinistra è quella di un uomo con capelli e barba neri, girato di tre quarti verso sinistra, che sta scagliando una freccia verso san Sebastiano; indossa calze e farsetto arancioni su una metà e rosse sull'altra e in vita ha una cintura nera cui è appeso un pugnale. Subito dietro, in un arrangiamento spaziale non del tutto convincente, vi è un altro uomo che indossa un cappello a cono ed una lunga veste bianca con decorazioni in filo d'oro; ha un drappo rosso intorno al busto e una cintura nera in vita. La figura sta guardano verso l'alto; la mano sinistra sollevata regge l'arco, mentre la destra scende lungo il fianco. Alle spalle di quest'ultimo si vede la metà superiore del corpo di un altro personaggio, raffigurato nell'atto di scagliare una freccia; ha lunghi capelli e barba neri, indossa un farsetto verde chiaro ed un cappello di una tonalità di verde più scura con decorazioni in rosso. Quasi totalmente coperto dagli altri personaggi, vi è infine un uomo calvo con un berretto e una veste bianca che sta guardando San Sebastiano. Sulla destra rispetto al personaggio in primo piano vi è una figura dai capelli chiari di spalle che sta scagliando una freccia verso il santo; indossa calze e farsetto di colore verde chiaro, e legata alla cintura nera pende una faretra marrone e blu con motivi decorativi azzurri. Di fianco vediamo un altro arciere dai lunghi capelli neri rappresentato di spalle con una lunga veste e turbante bianchi e con cintura nera e faretra. Leggermente più arretrata, di profilo e nell'atto di impartire l'ordine con la mano, troviamo poi la figura dell'imperatore Diocleziano, riconoscibile per la corona di alloro; ha capelli e barba scuri ed indossa una veste bianca con mantello rosa. Al suo fianco vi è infine un personaggio più anziano rivolto verso l'imperatore con una lunga veste azzurra e capelli e barba grigio scuro. Sullo sfondo si intravede un braccio con veste rossa che sta scagliando una freccia.
Nel complesso la drammaticità della scena è attenuata dalle vivaci scelte cromatiche. La composizione spaziale non è del tutto convincente, come del resto l'espressività dei personaggi.
Notizie storico critiche
Il dipinto, raffigurante il Martirio di San Sebastiano, è lo scomparto centrale di un trittico nelle cui tavole laterali sono rappresentate la scena dell'Annunciazione e quattro Episodi della vita del Santo. Nell'Ottocento i tre pannelli furono considerati separatamente ed attribuiti in modo generico alla Scuola Fiorentina della seconda metà del XIV secolo. Giovanni Poggi, nel suo catalogo del 1904, fu il primo a riconoscere le tre tavole come parti di un unico polittico e da allora la critica è sempre stata concorde. L'identificazione di Giovanni del Biondo, prolifico pittore della seconda metà del Trecento, come autore del scomparto centrale è unanimemente accolta (Khvosinsky e Salmi, Berenson, Van Marle, Offner, Zeri, Boskovits), tuttavia Luisa Becherucci e Giulia Brunetti, in "Il Museo dell'Opera del Duomo a Firenze" del 1970, individuano anche lo stile di Jacopo di Cione ed ipotizzano dunque una collaborazione tra i due artisti.
Più controversa è la questione relativa alla cronologia dell'opera. Lo Hadeln ricorda che nella novella 171 del Sacchetti viene menzionata la vicenda di una pala dipinta fatta realizzare dal vescovo di Firenze, Filippo dell'Antella, per l'altare di San Sebastiano in Duomo; se identificassimo il Trittico di Giovanni del Biondo con l'opera a cui fa riferimento il Sacchetti, dovremmo datarlo tra il 1358 ed il 1361. Ciò sarebbe incompatibile da un punto di vista stilistico in quanto, lo stile qui adottato suggerisce una datazione negli anni '70 del XIV secolo.
Molto più probabile è pertanto una datazione successiva al 1374. In quell'anno Firenze fu infatti colpita da una forte pestilenza e San Sebastiano, come da tradizione, era uno dei Santi presso i quali si intercedeva contro le pestilenze.
Relazione iconografico religiosa
San Sebastiano visse al tempo dell'imperatore Diocleziano. Egli fu un ufficiale di alto grado nella guardia pretoriana finché non si espose contro le persecuzioni della comunità cristiana e fu condannato a morte; venne legato ad un albero sul colle Palatino e bersagliato da numerose frecce. Quando andarono a prendere il corpo per seppellirlo, si scopri che era ancora vivo; una volta curato e tornato in salute si presentò di fronte a Diocleziano per professare la sua fede e fu nuovamente condannato. Il Santo venne flagellato a morte nel 304 dC e gettato nella cloaca maxima affinché il suo corpo non venisse ritrovato, ma apparve in sogno a Lucinia, matrona romana, che lo fece recuperare e seppellire nelle catacombe lungo l'Appia Antica, nel luogo dove adesso sorge la basilica ad egli dedicata.
Il Santo è stato molto venerato in passato come protettore contro le epidemie: le ferite delle frecce venivano associate a quelle dei bubboni della peste. Ciò potrebbe spiegare la realizzazione del Trittico dell'Opera del Duomo; è difatti probabile che sia stato commissionato a Giovanni del Biondo a seguito della pestilenza che colpì Firenze nel 1374 e si spiegherebbe così la scelta di raffigurare tra gli episodi della vita del santo negli scomparti laterali la scena con l'Invocazione di San Sebastiano contro la pestilenza.
Attributi canonici di San Sebastiano sono le frecce, la palma e la corona del martirio. Nei mosaici del VI e VII secolo - ad esempio quello lungo la navata di Santa Apollinare Nuova a Ravenna - viene raffigurato con ricche vesti, ma già nell'affresco della seconda metà dell'XI secolo presso il Sancta Sanctorum della Basilica di San Sebastiano a Roma viene affrontata la scena del primo martirio: il Santo trafitto da frecce. La soluzione compositiva prevede il santo martire legato mani e piedi ad un palo e dei soldati in basso che scagliano le frecce. Sebbene semplificata, è una composizione che richiama quella della tavola di Giovanni del Biondo e che possiamo rivedere anche in altre raffigurazioni tardo trecentesche della medesima scena (a Firenze la troviamo ad esempio nell'affresco di Mariotto di Nardo in Santa Maria Maggiore, oppure in quello nella controfacciata della chiesa di Sant'Ambrogio, che viene attribuito a Pietro di Miniato). Dal Rinascimento in poi, la scena del Martirio di San Sebastiano viene affrontata da molti artisti, come ad esempio Botticelli, Antonello da Messina, Mantegna e Tiziano. Il santo viene raffigurato in prevalenza da solo, ed è generalmente rappresentato come un giovane uomo nudo legato ad un palo o ad una colonna e trafitto da alcune frecce.
La presenza del Cristo Benedicente nella cuspide e dell'Annunciazione negli scomparti laterali ha lo scopo di identificare San Sebastiano come "alter Christus".