Descrizione
Il San Giacomo è collocato nella zona centrale della Galleria degli Apostoli, nella terza edicola a destra della Madonna. Il Santo ha la testa cinta da una fascia, da cui fuoriescono in alto i corti capelli, e il volto ornato da una breve barba. Indossa una tunica fermata in vita da una fascia e un mantello che ricade sul retro, ed è allacciato sotto il mento; con le due mani, che escono dalle ampie maniche, sostiene un cartiglio, aperto, che traversa diagonalmente il petto. La figura posa sulla gamba destra, mentre la sinistra, avanzata lateralmente, fuoriesce dal basamento. I piedi sono calzati da sandali.
Notizie storico critiche
Per le notizie storico-critiche concernenti la Galleria degli Apostoli nel suo insieme, di cui il San Giacomo Minore fa parte, si veda la relativa scheda OAI che riguarda l'intero complesso delle tredici statue che compongono la Galleria.
Antonio Bortone si forma all'Accademia di Belle Arti di Napoli, dove arriva nel 1861 da Lecce, sua città di origine. Nel 1865 si stabilisce a Firenze, ottenendo l'appoggio di Giovanni Duprè, con l'opera Gladiatore morente; frequenta l'ambiente artistico fiorentino, legandosi anche ad Adriano Cecioni, su consiglio del quale scolpisce nel 1876 il Fanfulla, collocato in una piazza di Lecce. Tra le sue opere di rilievo si ricorda in Firenze il Monumento a Gino Capponi in Santa Croce, e la statua di Michele di Lando per la loggia del Mercato Nuovo, del 1895. Fu forse grazie alla protezione del Duprè che Bortone ottenne la committenza per più opere destinate alla facciata di Santa Maria del Fiore: Sant'Antonino, San Giacomo il Minore e due medaglioni con i busti di Giotto e di Michelangelo. Non è tuttavia da escludere che le positive recensioni ottenute in ambito locale per la riuscita del Monumento Capponi, del 1882, siano servite ad accreditare Bortone tra gli artisti impegnati per la nuova facciata.
La committenza per il San Giacomo, da parte del De Fabris, risale alla primavera del 1882 (AOSMF XIII I.69). Il modello in gesso, come quelli degli altri Apostoli, era collocato nella destinazione prevista in facciata per la prima presentazione del dicembre 1883. Non tutti gli scultori impegnati, data l'esiguità del compenso previsto, si assunsero l'onere di scolpire personalmente il marmo: tra questi fu appunto il Bortone che, sia per l'Apostolo che per il Sant'Antonino, affidò la traduzione in marmo dei suoi modelli a Ferdinando Pucci (AOSMR XIII I.69, lettera del 15/5/1884 di Bortone a Del Moro), personalità ignota alla bibliografia e che dovette essere un abile scalpellino.
Come ha notato R. Campana (1995, p.363), il San Giacomo Minore, come gli altri Apostoli dovuti alla generazione più giovane degli scultori attivi in questa zona della facciata, esce dalla genericità tipologica per individuare una fisionomia "moderna" e conferire all'immagine del Santo una espressività e una vividezza di "presenza" di stampo verista.
Relazione iconografico religiosa
Per la relazione iconografico-religiosa della Galleria degli Apostoli nel suo insieme, si veda la relativa scheda OAI.
Giacomo il Minore è noto sotto questa dizione per distinguerlo da Giacomo figlio di Zebedeo, altro apostolo di Cristo, indicato anche come Giacomo il Maggiore. Giacomo di Alfeo, o Minore, per quanto nel testo evangelico sia figura secondaria e anche storicamente poco definita, restando ignota anche la modalità della sua morte, ha riscosso una certa attenzione nella letteratura patristica. La sua iconografia risente probabilmente della scarsità di notizie sul suo operato: l'attributo con il quale è più di frequente raffigurato, anche nella tradizione bizantina in cui la sua immagine fu specialmente diffusa, è il rotulo, emblema di conoscenza e testimonianza della verità religiosa. Anche il San Giacomo del Bortone mantiene l'attributo del rotulo, enfatizzandolo con il farne il cartiglio che il Santo dispiega con le braccia allargate. Inedita invece la fascia che cinge i corti capelli del Santo, che è da ritenere invenzione di Bortone per conferire individualità alla figura, evitando la genericità che aveva nella tradizione consolidata.