Descrizione
L'oggetto è formato da due elementi distinti: la base, alta e complessa, con largo piede polilobato, fusto figurato e numerosi elementi assemblati; e la croce, che sulla base è innestata. Il piede ha un alto gradino, e presenta sul piano superiore figure incise e medaglioni circolari contenenti figure di Virtù; al centro del piede la base si restringe in un corpo a pianta esagonale, con alto gradino sul quale corrono bifore, da cui si alzano sei facce trapezoidali, tutte con formelle mistilinee figurate, convergenti verso l'alto a sostenere il primo nodo del fusto; sugli spigoli laterali siedono due sfingi reggenti sul capo due angeli adoranti. Il fusto consiste in un tempietto a pianta esagonale, nella cui nicchia centrale siede San Giovanni Battista affiancato da due angeli adoranti; le tre figure sono replicate, con lievi differenze, sul lato posteriore. Sopra la lanterna del tempietto parte lo snodo finale del fusto: qui convergono in volute i due bracci laterali, su cui stanno le figure della Madonna e di San Giovanni Evangelista dolenti in adorazione di Gesù Cristo crocifisso, applicato al centro della croce; e poi il Golgota col teschio di Adamo, circondato alla base dalle mura turrite di Gerusalemme. Sul Golgota è l'innesto della croce, che pare sbocciare su petali d'argento, assimilati a "petali di gigli" (Liscia in La Croce e l'altare 2012). La croce ha terminazioni a compassi polilobati alle estremità dei bracci, e anche due polilobi lungo il montante; tutti scanditi, in corrispondenza dei vertici del contorno, da gigli alternati a borchiette profilate da minute foglie d'acanto e sparse di piccoli gigli, quattro delle quali sono anche all'incrocio dei bracci. Lungo tutta la superficie della croce sono formelle figurate, arricchite dalla policromia degli smalti. Nelle placchette maggiori del lato anteriore, dal basso verso l'alto, sono: Santa Maria Maddalena, Giuseppe d'Arimatea (?), all'incrocio dei bracci il pellicano che si lacera il petto, la Madonna dolente all'estremità del braccio sinistro, San Giovanni Evangelista all'estremità del braccio opposto, Dio Padre in alto; nei campi minori, angeli. Nelle formelle maggiori del verso sono, dal basso verso l'alto: San Luca Evangelista; San Giovannino che si incammina verso il deserto; all’incrocio dei bracci Agnus dei; San Matteo Evangelista all’estremità del braccio sinistro; San Marco Evangelista all’estremità del braccio destro; San Giovanni Evangelista in alto; nei campi minori, profeti e una sibilla.
Notizie storico critiche
La documentazione storica della Croce è fondata sugli spogli dei libri contabili dell'Arte di Calimala, pervenutici nella trascrizione seicentesca di Carlo Strozzi: essi attestano che l'Arte di Calimala, finanziatrice dell'Opera di San Giovanni, ne affidò l'esecuzione nel febbraio 1457 agli orefici Antonio del Pollaiolo e Miliano di Domenico Dei per la parte inferiore, ovvero la base; e a Betto di Francesco Betti, orefice, per la parte superiore, cioè la croce. Il pagamento avvenne due anni dopo, nel 1459: “Costò in tutto fior. 3036,6.18.4, de' quali fior. 2006,3.13.7 hebbe Antonio di Jacopo del Pollaiuolo e fior. 1030.3.5 Betto di Francesco Betti orafo”. In origine l'oggetto avrebbe dovuto essere una stauroteca, progettata per accogliere la reliquia della croce di Gesù Cristo, conservata da secoli nel Battistero e che la tradizione voleva donata da Carlo Magno; ed essere quindi dotata di una teca, molto probabilmente di cristallo di rocca. In epoca imprecisata sarebbe poi avvenuto un cambio di funzione, e la Croce avrebbe assunto l'aspetto di croce d'altare, legandosi sempre più al dossale d'argento, sul quale era esposta in occasione della festa di San Giovanni Battista il 24 giugno e di quella del Perdono, il 13 gennaio. Menzionata dalle fonti storiche come una delle meraviglie del tesoro di San Giovanni, da Vasari, che la ricorda insieme ai due candelieri d'argento opera anch'essi del Pollaiolo, fino a Richa, la Croce è stata oggetto dalla seconda metà dell'Ottocento e poi soprattutto nel corso del Novecento dell'interesse crescente degli studiosi: storici dell'oreficeria e delle arti applicate (Labarte 1864; Molinier 1898); e storici dell'arte, con lavori ad essa dedicati, come l'importante contributo di Mackowski (1902); o all'interno di monografie sul Pollaiolo (Cruttwell 1907; Ortolani 1948; Busignani 1970). Da allora alcuni nodi critici fondamentali sono stati e restano dibattuti: primo tra tutti l'autografia pollaiolesca o meno del gruppo della Crocifissione, esteso poi alle altre figure a tutto tondo, sfingi e angeli. Fu Mackowsky (1902) il primo a credere i dolenti della Crocifissione, le sfingi e gli angeli del piede opera del restauratore tedesco Bernard Holzman, che sulla Croce sarebbe intervenuto nel 1702, riadattandola in conseguenza della rimozione della teca con la reliquia. Lo seguì Maud Cruttwell (1907), che giudicò autografe di Antonio soltanto le figure del tempietto, e lavoro di Holzman le altre figure a tutto tondo. La critica successiva fino al 1970, pur con pareri discordanti, tendeva in genere a giudicare settecentesco il gruppo della Crocifissione, ritenendo invece di mano del Pollaiolo le sfingi della base. Luisa Becherucci (Museo dell'Opera del Duomo 1970), premettendo che “la Croce costituisce tuttora una delle questioni più discusse nella storia dell'arte fiorentina, ma altresì una delle più importanti”, ne ripercorreva la letteratura storico-critica fino a quell'anno e avanzava nuove proposte di lettura, attributive e cronologiche, accantonando dagli artefici il nome di Miliano Dei (che risulta escluso dal pagamento finale) in favore di quello di Bernardo Cennini. Per la studiosa il cambiamento di funzione, con la rimozione della teca-reliquiario, sarebbe avvenuto non nel 1702 ma dopo pochi anni, nel corso del XV secolo; e se già Mackowsky (1902) aveva pensato che il solo biennio 1457-1459 fosse stato un tempo troppo breve per terminare un'opera tanto complessa, Becherucci riteneva che il lavoro avesse avuto una seconda fase intorno al 1468, ipotesi che ne spiegherebbe le differenze stilistiche, dovute all'evolversi e al maturare dell'arte del giovane Pollaiolo. Ma il lavoro doveva continuare anche oltre il 1468: sarebbe stato Bernardo Cennini l'autore delle figure del gruppo della Crocifissione, aggiunto negli anni 1478-1483, gli stessi in cui egli lavorava ad uno dei rilievi del dossale di San Giovanni, quello con l'Annuncio a Zaccaria e la Visitazione, confrontabile con quelle figure in modo stringente. Infine, anche le sfingi sarebbero state aggiunte in quegli ultimi anni, per sostenere gli Angeli che prima erano sui bracci sotto la croce; e sarebbero dunque opere appartenenti allo stile maturo di Antonio del Pollaiolo, forse aiutato dal fratello Piero. Nel 1978 Parronchi riteneva le figure del gruppo della Crocifissione opera di Luca della Robbia, appartenenti a un perduto Crocifisso eseguito per l'Arte di Calimala. Passavant (1983) tornava sul problema della teca contenente la reliquia, sostituita dopo la sua rimozione dal gruppo della Crocifissione e dal Calvario, secondo lui dovuti a Betto di Francesco, autore delle placchette smaltate della croce. Lo seguiva Bencini (1988). Angelini (1986) proponeva invece per le statuette dell Crocifisione il nome del Pollaiolo. In un successivo contributo, Bencini (1999) riconduce l'esecuzione di tutta la Croce al biennio 1457-1459; e ritiene “molto probabile che già al momento del suo pagamento essa non contenesse più (o non avesse mai contenuto) la reliquia del santo legno”. Ribadisce l'attribuzione a Betto di tutte le placchette smaltate della croce e dei quattro tondi figurati alla base dei bracci di sostegno dei Dolenti della Crocifissione; sono dovuti alla mano del Pollaiolo i rilievi della base col Battesimo di Cristo, Mosè, Fede, Speranza, mentre negli altri, più deboli, si nota l'intervento di aiuti. Liscia ripercorre ancora la vicenda della Croce nelle pagine del volumetto pubblicato nel 2012 dopo l'ultimo pluriennale restauro, concludendo che la sua “complessità iconografica e stilistica deve trovare ancora una giusta considerazione”.
Relazione iconografico religiosa
Il programma iconografico della Croce è incentrato sulla figura di San Giovanni Battista, precursore di Cristo e titolare della chiesa per la quale l'opera fu realizzata; e sulla morte in croce di Gesù Cristo, redentore dell'umanità attraverso il proprio sacrificio. Nella base, la figura di Mosè, latore delle Tavole della Legge e prefigurazione di Cristo, occupa il centro del piede, attorniato dalle Virtù Teologali, Fede, Speranza e Carità e dalla Temperanza; le altre Virtù Cardinali dovevano occupare i medaglioni oggi vuoti, forse lasciati incompiuti, o – più probabilmente – perduti. Sopra, alla base del fusto, l'episodio centrale è il Battesimo di Gesù Cristo, intorno a cui sono raffigurati i quattro Dottori della Chiesa, Sant'Agostino, Sant'Ambrogio, San Girolamo, San Gregorio. Nel tempietto, parte centrale del fusto, è celebrato San Giovanni Battista, seduto in maestà e affiancato da angeli adoranti. La croce è innestata sul Calvario col teschio di Adamo, simbolo dell'umanità prima della redenzione; è figurata su entrambi i lati. Su quello anteriore sono: al centro, all'incrocio dei bracci, il Pellicano che si lacera il petto, simbolo del sacrificio di Cristo redentore, in alto Dio Padre e intorno, alle estremità dei bracci e lungo il montante in basso, i dolenti testimoni: la Madonna, San Giovanni Evangelista, la Maddalena. Sul verso, il centro è occupato dall'Agnus Dei, con aureola e stendardo della Resurrezione, simbolo del sacrificio di Cristo, ma anche attributo del Battista; e subito sotto si trova la placchetta con San Giovannino che si incammina verso il deserto, con la crocetta e il cartiglio; intorno sono disposti gli Evangelisti, con San Giovanni in alto sul finale del montante; e i profeti. Nella lettura dal basso verso l'alto, l'iconografia è completa: la base dedicata a San Giovanni Battista, unione di Antico e Nuovo Testamento, col Battesimo di Gesù Cristo al centro; il sacrificio di Gesù Cristo redentore illustrato sulla croce, secondo modelli già diffusi dal XIII e XIV secolo. Si aggiungono però le figure di Cristo Crocifisso a tutto tondo, inchiodato alla croce, e la Madonna e San Giovanni Evangelista dolenti, sui bracci laterali al culmine del fusto, a rafforzare una lettura dal lato anteriore; mentre l'insieme sembrerebbe essere stato pensato per una visione da entrambi i lati, girandoci intorno. Ciò è dovuto probabilmente al cambio di funzione della Croce: da reliquiario del legno della Santa Croce, a croce d'altare, strettamente legata al dossale d'argento dove sono illustrati gli episodi della vita di San Giovanni Battista, e sul quale è sempre stata esposta in occasione della festa di San Giovanni il 24 giugno e di quella del Perdono, il 13 gennaio. Espressione della liturgia battesimale, al centro del tempio dedicato al Battista; voluta dall'Arte di Calimala, la ricca e influente corporazione dei Mercatanti, che dell'Opera di San Giovanni era patrona.